La Procura di Lecce ha disposto il sequestro del Twiga, la struttura di lusso sul mare che stava nascendo a Otranto, in Puglia, sotto l’egida di Flavio Briatore. Le autorizzazioni ai lavori non sarebbero regolari
Briatore aveva concesso l’uso del marchio che contraddistingue i Twiga di Marina di Pietrasanta e Montecarlo senza però investire un solo centesimo in Salento: lo scrive Repubblica online in cronaca di Bari. Secondo il servizio di Chiara Spagnolo, a distanza di poche ore dalla notifica del decreto di sequestro, il 15 maggio la società Cerra srl (proprietaria del terreno di Otranto e dello stabilimento) e la Bilionaire Lifestyle Sarl (proprietaria del marchio Twiga) hanno sospeso la licenza per l’uso della denominazione che avrebbe consentito di accomunare il locale salentino agli altri di proprietà di Briatore. La decisione è maturata, secondo quanto ha spiegato la società Cerra – “al fine di tutelare il buon nome del Twiga e quello del suo fondatore, Flavio Briatore, che sono del tutto estranei agli accertamenti in corso”.
L’inchiesta del pm Antonio Negro – che dovrà trovare conferme nelle ulteriori indagini, condotte dai carabinieri e dalla polizia provinciale – ha ravvisato presunte illegittimità nelle autorizzazioni rilasciate dall’amministrazione comunale di Otranto a monte della realizzazione dell’opera e nella successiva realizzazione di manufatti diversi da quelli autorizzati. La struttura, spiega ancora Chiara Spagnolo su Repubblica, non nasce come vero e proprio stabilimento balneare, ma come “accesso al mare” su un’area privata di 5 ettari, a nord del centro storico di Otranto, su un tratto caratterizzato da scogliere a picco sul mare.
Il primo permesso su cui ha indagato la magistratura è stato rilasciato dal consiglio comunale di Otranto il 4 marzo 2016 e riguarda la convenzione tra la società Cerra e l’amministrazione per un “accesso al mare”, dotato di “strutture amovibili di chiosco e ristorante e servizi per la balneazione” al fine di “consentire la fruizione del litorale e garantire la fornitura di servizi e attrezzature utili alla balneazione”. In attesa di ulteriori decisioni giudiziarie, la società Cerra ha sospeso i 60 pre-contratti firmati con le persone che avrebbero dovuto lavorare al Twiga, nonché con le aziende e fornitori coinvolti. La Cerra ha ricordato che l’intervento era stato preceduto da un “complesso iter autorizzativo, concluso con concessione edilizia corredata da 11 pareri favorevoli, da parte delle autorizzazioni coinvolte”.
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