Agli atti dell’inchiesta giudiziaria, gli sms mai giunti a destinazione e i tentativi di telefonate di Paola Tomassini, una delle 29 vittime della valanga che il 18 gennaio spazzò via l’hotel Rigopiano alle pendici del Gran Sasso. Per quasi due giorni, sepolta viva sotto le macerie dell’albergo, prima di morire, Paola cercò aiuto disperatamente
Torna d’attualità, in questo giorni, la tragedia dell’Hotel Rigopiano di Farindola (Pescara), alle pendici del Gran Sasso, in Abruzzo. Dopo gli avvisi di garanzia a sei persone, tra funzionari e amministratori pubblici da parte della procura di Pescara, adesso emergono nuovi particolari strazianti sulle ultime ore di vita delle 29 vittime rimaste uccise sotto la valanga di neve e detriti che spazzò via, il 18 gennaio scorso, l’intera struttura.
40 ORE DI AGONIA
Sotto le macerie dell’Hotel Rigopiano non sono infatti tutti morti sul colpo. La prova è nello smartphone di una delle vittime, Paola Tomassini, 46 anni. La quale per 40 ore e 47 minuti ha cercato disperatamente di telefonare e di inviare messaggi via Whatsapp. Mai giunti a destinazione perché la neve aveva spazzato via anche le comunicazioni. Ora i contenuti del suo telefono sono agli atti dell’inchiesta della procura di Pescara.
“SIAMO BLOCCATI…”
Paola Tomassini, originaria di Montalto, aveva 46 anni e lavorava all’autogrill di Campofilone sull’autostrada A14: al Rigopiano era in vacanza con il fidanzato, Marco Vagnarelli, anche lui rimasto ucciso. E sui loro cellulari, rivela la Repubblica, gli investigatori hanno trovato messaggi che descrivono il panico per le scosse del terremoto e per l’impossibilità di andarsene a causa della neve. “Non sappiamo dove andare, siamo bloccati”, scrivevano i due prima che l’albergo fosse cancellato dalla slavina. “Non si sa se arriva lo spazzaneve, dicono che è difficile anche per il mezzo”.
“C’È STATA UN’ESPLOSIONE…”
E dopo il disastro, per almeno 40 ore e 47 minuti la donna ha cercato di inviare 13 messaggi e 15 telefonate per avvertire i familiari e i soccorsi. Alle 16.54, qualche minuto dopo la valanga, chiedeva “Aiuto” via Whatsapp. E pochi secondi dopo: “Sono bloccata dalle macerie, aiutoooo”. Alle 17.20, due sms a un’amica, chiedendole di dare l’allarme, E alle 17.26 un altro messaggio: “C’è stata un’esplosione”.
“VI AMO TUTTI…”
Poi altri messaggi, altri tentativi di telefonare per chiedere soccorso. E infine, forse capendo che da quelle macerie non ce l’avrebbe fatta a uscire viva, gli ultimi messaggi sulla chat Whatsapp di famiglia: “Vi amo tutti salutami mamma”. E un’emoticon, cuore. L’ultimo tentativo di allertare i soccorsi alle 7.37 del 20 gennaio, quasi due giorni dopo il disastro. Ma anche in quel caso il telefonino non aveva campo. Quando i soccorritori sono arrivati al bar dell’hotel, la sera del 23 gennaio, la donna ormai aveva smesso di respirare. Ma in mano aveva ancora il telefonino. Non si sa di preciso quando sia morta, ma è certo che sia sopravvissuta per 40 lunghe ore. E il procuratore aggiunto Cristina Tedeschini, responsabile dell’inchiesta, intervistata dal quotidiano Il Centro ha fatto capire che l’indagine è in evoluzione, e che i 6 indagati per omicidio colposo plurimo e lesioni potrebbero aumentare.
Photo credits: Twitter, Facebook
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