“La vita è cosa troppo seria per lasciarla agli psicologi e agli psichiatri”. Parola (scherzosa ma non troppo) di Alessandro Meluzzi, psichiatra, criminologo, saggista, politico e accademico torinese, anche se napoletano di nascita. E soprattutto volto noto della televisione italiana da molti anni. Ecco la nostra intervista
Quella battutaccia, chissà forse anche un po’ autoironica, ce la butta lì al telefono, al termine di una conversazione sul perché si susseguano ormai quasi ogni giorno notizie di cronaca nera che sembrano dipingere l’Italia come una società disperata e piena di lati oscuri e violenti. In realtà il professore vuole dirci qualcos’altro. Indicare, per quanto possibile, una strada da percorrere a livello personale e collettivo per far fronte allo shock di sempre più numerosi casi di violenze in famiglia, massacri operati dal “branco”, morti efferate, donne sfregiate con l’acido.
In queste ultime settimane emergono in Italia a cadenza quasi quotidiana femminicidi, violenze di padri sui figli, come nel caso del papà di Trento che si è tolto la vita non prima di aver colpito a morte due suoi bambini, casi eclatanti di massacri di gruppo, come nel caso di Emanuele Morganti ad Alatri. Tutte violenze in ambiti ristretti, familiari o al massimo di paese. C’è qualcosa che le accomuna o no?
Sono cose diverse. Che hanno più ordini di ragioni, perché noi si possa tentare di spiegarle. Nel caso del papà di Trento, ad esempio, sono convinto che vi siano alla base ragioni di ordine psicopatologico dell’uomo, un meccanismo che forse è scattato a un certo punto nella sua interiorità e che lo ha portato a “voler scendere” da una situazione e un mondo in cui non si riconosceva più. E per far questo però “porta con sé” i figli uccidendoli..
Anche nel caso terrificante dell’uccisione di Emanuele Morganti nel Frusinate si tratta di violenza tra “maschi”, se così si può dire…
Lì è un altro discorso. Scatta, per quello che ne sappiamo al momento, una violenza del branco. Una dinamica di gruppo, vuoi per il controllo del territorio, vuoi per l’alterazione dovuta alla droga. Ma si tratta di tutt’altra faccenda, che non ha a che fare con un padre in gravissima sofferenza psicopatologica.
Le donne, in particolare, sono nel mirino degli uomini violenti: femminicidi, mariti che uccidono e occultano il cadavere delle mogli, amanti o fidanzati che sfregiano con l’acido la bellezza delle loro compagne
Qui si entra nel campo del rapporto in crisi profonda fra i sessi che esiste nella nostra società. Tutto cambia, la donna non è più riconosciuta dall’uomo; scatta una dinamica di aggressione invece che di tolleranza e accompagnamento reciproco.
Ma lei trova o no un punto di comune denominatore fra questi diversi generi di violenza in Italia?
Si ricordi l’acquaforte di Francisco Goya Il sonno della ragione genera mostri. Forse in questo certamente possiamo individuare un punto nel quale le diverse tipologie di violenze che abbiamo analizzato vanno a toccarsi. Un altro comun denominatore è la mediatizzazione degli eventi che estremizza tutto. Nell’Italia post unitaria gli omicidi di donne o gli stupri erano 12 volte più numerosi di oggi. Solo che si chiamavano “delitto d’onore”. Oggi, numericamente le violenze di quel tipo sono diminuite, ma acquistano un peso enorme anche grazie ai media
Esiste una “cura”, un antidoto? Che cosa si può fare?
Guardi la vita è cosa troppo seria per lasciarla agli psicologi e agli psichiatri…Ma battute a parte intendo dire che lo star bene, l’avere un equilibrio mentale, una vita sana psichicamente e moralmente dipendono da molti fattori. Anche in apparenza semplici: vivere in una città a misura d’uomo, avere una qualità di vita, malgrado questa sia una brutta parola, degna di essere riconosciuta come tale, curare la propria salute e magiare bene, fare letture stimolanti che arricchiscono lo spirito, che fanno pensare. E in questo l’Italia aiuta. Non siamo gli Stati Uniti, dove il serial killer di Cleveland uccide a caso un uomo per poi postare il video su Facebook. Anche se purtroppo non possiamo escludere che si arrivi un giorno a questo.
Photo credits: Twitter @tigullio_tweet; Facebook