Prima udienza del procedimento contro Stefano Binda, 48 anni, accusato di essere l’assassino di Lidia Macchi, massacrata trent’anni fa a 21 anni. La difesa ha chiesto di sentire in Aula il presunto vero autore di una lettera anonima ai genitori di Lidia il giorno dei funerali, che finora inchioda, per la grafia, l’imputato. L’uomo si è fatto vivo, forse assalito dal rimorso, una settimana fa
A trent’anni dai fatti un colpo di scena apre il processo sulla morte violenta di Lidia Macchi, la studentessa 21enne di Varese uccisa a coltellate il 5 gennaio 1987 dopo un rapporto sessuale a cui sarebbe stata costretta. Una persona, di cui al momento non è stata resa nota l’identità, ha contattato un avvocato una settimana fa ammettendo di aver scritto il componimento anonimo “In morte di un’amica” inviato alla famiglia della ragazza il giorno dei funerali. Lo ha reso noto l’avvocato Patrizia Esposito, difensore di Stefano Binda, secondo quanto riporta il sito web dell’agenzia Ansa.
STEFANO BINDA SCAGIONATO?
Come è noto il Binda – conoscente di Lidia Macchi ai tempi della comune militanza nel gruppo cattolico di Comunione e Liberazione e suo compagno di liceo – è stato arrestato il 15 gennaio 2016, all’età di 48 anni: è accusato di essere l’assassino. Avrebbe ucciso Lidia con 29 coltellate, abbandonandola poi in un bosco a poche centinaia di metri di distanza dall’ospedale di Cittiglio dove la ragazza aveva visitato quella sera un’amica ricoverata. Tra gli elementi che avevano portato al suo arresto quasi 30 anni dopo il delitto anche quel componimento di cui lui, secondo gli inquirenti, sarebbe l’autore. Questa nuova testimonianza, secondo la difesa “scagiona” Binda. Potrebbe dunque non essere lui il carnefice, come per altro, nel corso di trent’anni, è sembrato emergere: i sospettati sono stati diversi, persino sacerdoti, molti se non tutti, secondo le indagini dei magistrati, vicini o interni al gruppo di Cl.
LA MADRE DI LIDIA: “SPERO CHE EMERGA LA VERITA'”
Gli avvocati difensori dell’imputato, Patrizia Esposito e Sergio Martelli, chiedono che venga ascoltato in aula come testimone l’avvocato (non presente nella lista testi) che è stato contattato dal presunto autore del componimento e lo scorso 4 aprile ha inviato una lettera alla difesa, alla Corte d’Assise e alla Procura di Varese. “Dopo trent’anni di sofferenza finalmente si apre il processo sulla morte di mia figlia, spero che emerga la verità” ha dichiarato oggi 12 aprile Paola Bettoni, la madre di Lidia Macchi, in una pausa della prima udienza del processo a carico di Stefano Binda, accusato di aver ucciso la studentessa di Varese. La donna, assistita dall’avvocato Daniele Pizzi, si era costituita parte civile nel corso dell’udienza preliminare. “Non voglio un colpevole a tutti i costi – ha affermato – ma voglio che si faccia chiarezza dopo tanti anni”.
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