Il settimanale Novaya Gazeta, in cui lavorò Anna Politkovskaya, denuncia un’ondata di persecuzioni senza precedenti contro i gay in Cecenia, fra l’indifferenza delle autorità russe. Ci sarebbero anche dei morti. Appello dei Radicali perché la diplomazia si muova
Almeno tre persone sarebbero morte. E sarebbe in corso in tutta la Cecenia un’atroce persecuzione con arresti e torture contro i gay. Lo sostiene il settimanale Novaya Gazeta, citando testimonianze di diverse vittime, alcune delle quali rilasciate solo dopo il pagamento di un riscatto elevato da parte dei familiari. Il mese scorso, decine di persone sono state fermate e detenute in una “prigione segreta” in una località non lontana da Grozny, la città di Argun, dove sarebbero avvenute le torture. La foto che vedete in alto è una di quelle pubblicate da Novaya Gazeta per documentare cosa sta accadendo agli omosessuali nei campi di prigionia di cui si parla.
In Cecenia l’omofobia è particolarmente grave, ma in questo caso si tratterebbe di una campagna di odio senza precedenti. Lo schema seguito dalle autorità è sempre lo stesso, scrive Repubblica.it: viene fermata una persona, le sequestrano il telefonino dove fotografie e contatti vengono usate per perseguirne altre così come le informazioni estorte durante la detenzione. La campagna sembra aver preso il via dopo l’arresto di una persona per consumo di stupefacenti con materiale pornografico nel telefono.
Una seconda ondata di arresti è avvenuta dopo che l’ong GayRussia.ru aveva inoltrato richieste per il Gay Pride alle autorità di diverse località del Caucaso, un modo, accusano i ceceni, per costruire un caso contro Mosca alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Il gruppo di attivisti russo basato a San Pietroburgo Rete LGBT a fine marzo ha attivato un numero di emergenza in cui ha raccolto la richiesta di aiuto di oltre dieci persone che chiedono di poter lasciare la regione. Il ministero degli Interni ceceno, da parte sua, ha liquidato come “un pesce di aprile mal riuscito” l’inchiesta di Novaya Gazeta sulla prima ondata di fermi.
Ma la direttrice di Human Rights Watch per la Russia Tanya Lokshina ha denunciato l’assenza di qualsiasi reazione da parte del Cremlino per la situazione critica della regione, “in cui l’omofobia è comunque intensa e dilagante”: il portavoce Dmitry Peskov si è limitato a invitare le vittime a usare i canali ufficiali per denunciare le autorità. Il portavoce del presidente ceceno Ramzan Kadyrov ha sottolineato che in Cecenia non ci sono omosessuali. Se ci fossero, non sarebbe necessario arrestarli dato “che i loro stessi familiari li invierebbero in posti da cui non potrebbero fare ritorno”. Nel frattempo, in Russia il ministero della giustizia russo ha inserito nell’elenco dei materiali banditi perché estremisti anche le immagini con la caricatura del presidente Putin truccato da drag queen.
Adesso però comincia a muoversi la comunità internazionale. L’associazione radicale Certi diritti ha inviato una lettera urgente a Federica Mogherini e Angelino Alfano, sollecitandoli a fare in modo che la diplomazia europea non resti silente. “Non accennano a fermarsi le notizie che provengono dai media russi di opposizione che sono riusciti ormai a localizzare veri e propri campi di prigionia destinati agli omosessuali, dove uomini e ragazzi sequestrati dai corpi paramilitari subiscono sevizie di ogni tipo. Si parla di oltre 100 persone deportate dalla fine di febbraio e di almeno 3 morti. Chiediamo che siano attivate tutte le iniziative urgenti e necessarie per l’invio di osservatori internazionali nella regione e concedendo immediatamente asilo ai sopravvissuti e alle vittime potenziali di questa follia”, così scrivono Leonardo Monaco e Yuri Guaiana, rispettivamente segretario e responsabile questioni transnazionali dell’associazione radicale Certi Diritti.
Photo credits: Twitter, Facebook
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