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Interviste

Beppino Englaro: “La vita è libertà. Non può diventare una condanna”

Pubblicato da
Domenico Coviello

Intervista a Beppino Englaro. I problemi e le scelte sul fine vita da dj Fabo alla piccola Marwa in Francia. Letti alla luce della storia di Eluana “purosangue della libertà”

Quel sorriso splendente ci insegue ancora. È il sorriso di Eluana Englaro: una ragazza italiana come tante. E come nessun’altra. C’è un prima Eluana. E, soprattutto, un’Italia del dopo Eluana. Un paese che sui temi del “fine vita” non è più lo stesso. Mutato “come dalla notte al giorno”, racconta Beppino Englaro, il padre della giovane, la quale, a seguito di un incidente stradale nel 1992 quando aveva 21 anni, visse per 17 anni, fino al 9 febbraio 2009, in stato vegetativo permanente, prima di morire dopo l’interruzione del trattamento di idratazione e alimentazione forzata che la teneva in vita.

Quell’ultimo atto – il lasciare che la ragazza morisse, come liberazione da una non vita – potè accadere perché lo permise, su rinvio della Corte di Cassazione, una sentenza storica della Corte di Appello di Milano, il 16 ottobre 2007. Da quel momento in poi nulla fu più come prima. Certo: l’eutanasia resta un reato penale. Ma il rispetto, in primo luogo da parte dei medici, della volontà di ogni cittadino circa la propria autodeterminazione terapeutica è stato riconosciuto come un principio cardine del nostro ordinamento giuridico. Mentre prima non era contemplato come tale. E il prossimo 13 marzo è prevista la ripresa della discussione in Parlamento della proposta di legge sul testamento biologico.

Alla decisione su Eluana i giudici giunsero incalzati dalla battaglia del semplice cittadino Beppino Englaro. Mosso dalla strenua convinzione di dover eseguire la volontà di sua figlia, più volte da lei espressa ai genitori, e ricostruita anche in sede processuale: il preferire la morte a una sopravvivenza senza più coscienza né volontà, completamente dipendente dalle cure altrui. Sul caso intervenne pesantemente la politica. Gli italiani si divisero. La tensione raggiunse punte altissime. La storia della ragazza di Lecco e la figura di Beppino Englaro sono tornati prepotentemente alla ribalta oggi dopo il caso di dj Fabo, mentre si moltiplicano le notizie su altre vicende ai confini del “fine vita”, come quella della piccola francese Marwa, di 15 mesi. Con Englaro, che ha accettato di parlare a Velvet Mag, abbiamo provato a inoltrarci su questi temi.

Eluana Englaro

Venerdì 10 marzo sarà ricordato con una cerimonia in chiesa dj Fabo, che ha scelto l’eutanasia in Svizzera, lei cosa ne pensa?

Non ho nulla contro l’eutanasia e la scelta di dj Fabo, prima o poi tutte le nazioni civili devono affrontare questo tema. E anche il nostro Parlamento dovrà dare delle risposte. Ci tengo però a sottolineare che il caso della mia Eluana è un’altra cosa. E io non voglio, come non ho voluto in passato, che la vicenda di mia figlia sia un cavallo di Troia strumentalizzato a vantaggio della lotta politica attorno all’eutanasia. Sono due cose diverse.

Perché sono così diverse?

Quella di Eluana non era una scelta di eutanasia, che era e resta a oggi un reato in Italia. Ma per l’autodeterminazione terapeutica. Che dopo la sua vicenda è stata riconosciuta come un diritto costituzionale fondamentale di ogni cittadino italiano: il diritto a non vedere altri, neppure i medici, disporre della propria volontà sui trattamenti sanitari, e senza dover tenere conto delle disposizioni che ognuno di noi può dare in proposito. Nel 1992 quando con mia moglie ci rendemmo conto della irreversibilità delle condizioni di Eluana a seguito dell’incidente, andammo a parlare con i medici per chiedere di dialogare sul destino di nostra figlia, facendo presente che Eluana mai avrebbe voluto vivere in quelle condizioni. Fu come se avessimo detto loro, in pratica: ‘No grazie, lasciate che la morte accada‘, non accanitevi a tenerla in vita. Mi presero per pazzo, per loro era inconcepibile quello che dicevo.

Cosa le rispondevano i medici?

Per cercare di farmi capire su quella che era sempre stata la volontà apertamente manifestata da mia figlia, dopo un analogo incidente che aveva subìto il suo amico Alessandro, da noi in famiglia sempre condivisa, io feci presente ai medici che Eluana era una purosangue della libertà…Sa cosa mi risposero? Allora le spari come si fa con i cavalli…Ma attenzione: non lo dissero perché volevano offendere o provocare, lo dissero perché non concepivano nessun altro modo di trattare un paziente nelle condizioni di Eluana se non quello di aderire ciecamente alle proprie convinzioni mediche, ossia il tenere sempre comunque in vita doverosamente chiunque, senza minimamente dover dare ascolto a chi, come noi, voleva far presente la possibilità di una scelta che significasse il rifiuto di un accanimento terapeutico in nome della volontà stessa di Eluana.

Fabiano Antoniani, dj Fabo (dalla pagina Facebook di Valeria Imbrogno)

Oggi cosa è cambiato?

Passi in avanti sono stati fatti. Come dalla notte al giorno. C’è molta più sensibilità fra gli italiani sui temi del fine vita, sul cosiddetto testamento biologico, l’autodeterminazione, e la stessa eutanasia, che è un termine ancora proibito in Italia, da molti assimilato al nazismo, sebbene significhi “buona morte”. La popolazione è più avanti della classe politica. Dal punto di vista giuridico la vicenda di Eluana fu alla fine cristallina. Fu l’intervento scomposto della politica a squassare tutto.

L’8 marzo in Francia il Consiglio di Stato ha sancito che le cure che tengono in vita la piccola Marwa, 15 mesi, debbano continuare, dando ragione i genitori e torto ai medici che avrebbero voluto “staccare la spina”…

È importante che i giudici abbiano tenuto conto della volontà dei genitori. Anche qui però mi lasci precisare: mia moglie e io non manifestavamo una nostra volontà su Eluana, come in questo caso fanno il papà e la mamma di una bambina piccolissima. Noi non potevano non lottare perché si tenesse conto della volontà di nostra figlia. Che era anche nostra, certo. Ma in primo luogo di Eluana che non era più libera e cosciente per manifestarla, sebbene l’avesse espressa. Ecco perché sono così importanti le disposizioni anticipate di trattamento (il biotestamento, ndr.). Eluana concepiva la vita come libertà, non come una condanna.

La piccola Marwa, 15 mesi (foto dal profilo Facebook “Jamais sans Marwa”)

Photo credits: Twitter, Facebook

 

 

Domenico Coviello

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Domenico Coviello

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