L’ex premier Matteo Renzi è in trincea e non fa sconti a nessuno. Si è ricandidato a segretario del Pd per le primarie di aprile, dopo aver perso sonoramente il referendum costituzionale. E deve affrontare la bufera giudiziaria del padre Tiziano, indagato nell’inchiesta sugli appalti Consip
È durato oltre tre ore l’interrogatorio di Tiziano Renzi, nell’ambito delle inchieste delle procure di Roma e Napoli su Consip. Il padre dell’ex premier ha lasciato piazzale Clodio a Roma, ieri sera 3 marzo, senza fare dichiarazioni. “Non ho mai preso soldi. Si è trattato di un evidente caso di abuso di cognome”, si è difeso Tiziano secondo quanto riferito dal suo avvocato difensore Federico Bagattini. Lo riporta il sito web dell’Ansa.
LA DIFESA DI TIZIANO: “IO NON C’ENTRO NULLA”
“Il dottor Renzi ha risposto a tutte le domande” e ha precisato di “non aver avuto alcun ruolo in questa vicenda”, ha detto Bagattini. Tiziano Renzi ha negato di aver mai conosciuto né incontrato Alfredo Romeo e di essere mai stato in Consip. Nel corso dell’interrogatorio ha escluso anche di conoscere Denis Verdini. Rispondendo a domande dei pm sui rapporti “con tutte le persone coinvolte nell’inchiesta”, il padre dell’ ex premier ha sottolineato di essere legato all’imprenditore farmaceutico Carlo Russo anche da una frequentazione di carattere religioso. Durante l’interrogatorio, ha concluso l’avvocato Bagattini, non sono state fatte nuove contestazioni.
MATTEO: “MIO PADRE COME TUTTI I CITTADINI…”
In serata, però, Matteo Renzi a Otto e mezzo da Lilli Gruber ha usato parole durissime sul conto di suo padre: “Se c’è un parente di un politico indagato in passato si pensava a trovare le soluzioni per scantonare il problema ed evitare i processi. Io sono fatto in un altro modo: per me i cittadini sono tutti uguali. Anzi. Se mio padre secondo i magistrati ha commesso qualcosa mi auguro che si faccia il processo in tempi rapidi. E se è davvero colpevole deve essere condannato di più degli altri per dare un segnale, con una pena doppia“.
“MA NOI SIAMO GENTE PER BENE…”
“Se ci sono ricatti si va dai magistrati – ha detto ancora Matteo Renzi a Otto e mezzo -. Vogliamo essere chiari: stiamo parlando di soldi pubblici e allora se ci sono ricatti e reati, se ci sono tangenti c’è il dovere di fare i processi. Noi siamo persone perbene, non abbiamo paura dei processi. Anzi. Erano quelli di prima che facevano i lodi e il legittimo impedimento per non fare i processi. Si va in tribunale e si guarda chi ha ragione e chi ha torto”. “Noi non siamo come quelli che quando si indaga la sindaca di Roma sono garantisti – ha detto ancora l’ex premier a Otto e mezzo: io della Raggi non ho chiesto le dimissioni, non sono garantista a targhe alterne”. “Se la buttiamo sulla questione processuale e penale devo dire con molta forza, a tutela della comunità di persone che ho rappresentato, a iniziare dal Pd, che si aspetta la sentenza sempre, si è garantisti e si rispetta la presunzione di innocenza”, ha aggiunto.
“UN DISEGNO PER FARMI FUORI”
Poi Matteo Renzi alla domanda “Luca Lotti deve dimettersi?” ha detto: “A mio giudizio assolutamente no. Conosco Lotti da anni ed è una persona straordinariamente onesta, lo devono sapere sua moglie e i suoi figli. Io non scarico mai gli altri: non l’ho fatto con Delrio, Boschi e ora Lotti. Non accetto processi sommari”. “C’è un disegno evidente in queste ore di tentare di mettere insieme cose vecchie di mesi”, ha detto ancora Matteo Renzi a Otto e mezzo. L’indagine su Lotti e Del Sette “è una cosa di tre mesi fa. Cosa è successo?”, domanda l’ex premier. “Una discussione incredibile”.
CARLO RUSSO NON RISPONDE AI PM
E si è svolto il 3 marzo anche l’interrogatorio di Carlo Russo, l’imprenditore amico di Tiziano Renzi, indagato nell’inchiesta Consip. Russo è uscito dalla sede del comando provinciale dei carabinieri di Firenze dove è stato ascoltato dai pm di Roma e di Napoli Mario Palazzi ed Henry John Woodcock, accompagnato dal suo legale. A quanto risulta Russo non ha risposto ai pm e si è avvalso della facoltà di non rispondere su indicazione dei suoi difensori, avvocati Gabriele e Marco Zanobini. “Intendiamo – spiegano i legali – far rispondere il nostro assistito quando saremo su un piano di parità ossia quando avremo piena conoscenza degli atti. Ora abbiamo solo un decreto di perquisizione”.
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