Respinta 23 volte prima di poter abortire: l’Usl smentisce

Riemerge il caso del 2015 dove una donna, prima di poter abortine, ha ricevuto 23 rifiuti da parte delle diverse strutture ospedaliere in Veneto. La denuncia della donna, sostenuta anche dalla Cgil, è smentita dal direttore dell’Usl: “Il servizio è garantito”.

“Da noi sono tutti obiettori”, “Non c’è posto”, “Sono tutti in vacanza”: queste le parole che la donna nel 2015 si è sentita rispondere alla sua richiesta di abortire. Ventitre strutture ospedaliere che le hanno negato il diritto d’interruzione volontaria di gravidanza, in una regione, il Veneto, che conta l‘80% di ginecologi obiettori di coscienza, dato tra i più alti in Italia. La donna, libera professionista di 41 anni, di Padova, che solo al 24esimo tentativo, prossima allo scadere dei 90 giorni dal concepimento, è riuscita ad abortire nell’ospedale da cui era iniziato il suo pellegrinaggio.

Il racconto dalla libera professionista padovana, madre di due figli e che nonostante le precauzioni per evitare un nuovo concepimento, si era ritrovata in attesa del terzo bimbo, è stato una sorta di “girone infernale“.  La donna aveva allargato il raggio della ricerca: prima le Usl vicine, nel padovano; pressata dalla scadenza dei 90 giorni (termine entro il quale la legge 194 consente di abortire) la donna si è attaccata al telefono chiamando le Usl di altre province venete. In questi casi le risposte negative non avevano a che vedere con i  medici obiettori, ma con il fatto che l’interruzione di gravidanza deve essere richiesta alle strutture del territorio in cui si risiede. Il problema poi, ha spiegato la donna, “non è solo trovare un medico, ma anche un anestesista non obiettore di coscienza” e ribadisce “Lo trovo offensivo, inutilmente doloroso“. Il caso del 2015 è stato oggi confermato della Cgil, alla quale si era era rivolta la donna dopo la 23esima negazione di un suo diritto. Christian Ferrari, segretario cittadino, conferma: “Assolutamente sì tutto purtroppo vero. E se serve un sindacato per ottenere un diritto che dovrebbe essere garantito dallo Stato il problema è davvero grosso“. Alessandra Stivali, segretaria confederale della Cgil padovana, seguì nel 2015 il caso da vicino :”La cosa grave è che può sembrare una situazione limite ma non è neppure l’unica. Altre volte, soprattutto con ragazze straniere che chiedevano di abortire, ci siamo trovati davanti a interminabili difficoltà e dinieghi, per una prestazione sanitaria che dovrebbe essere garantita dalla legge, la 194″. Alla fine, spiega la Stivali, è stata necessaria una piccola “pressione” sulla stessa azienda di Padova, che al primo tentativo aveva respinto la signora. Il sindacato ha contattato i respondabili del reparto di ostetricia e ginecologia che sono riusciti a trovare un posto per praticare l’Ivg, entro il termine di scadenza.

L’assessore Regionale alla Sanità, Luca Coletto, ha annunciato di aver avviato delle verifiche interne sul caso. Ad indagare ci sono anche i Carabinieri del Nas che cercherano di accertare le motivazioni e le circostanze per cui in così tante strutture non sarebbe stato garantito il diritto sancito dalla legge 194/78. Al momento dalle istituzioni sanitarie del Veneto arrivano solo smentite: “Noi non abbiamo mai rifiutato alcuna paziente” afferma il professor Giovanni Battista Nardelli, direttore della Clinica ginecologica e ostetrica dell’Università di Padova. “Siamo tra le strutture in Veneto, anzi, che garantiscono sempre gli aborti. E infatti alla signora è stata praticata l’interruzione volontaria della gravidanza nei tempi previsti”. E sul punto si è espresso anche il direttore generale dell’Usl Euganea, Domenico Scibetta: “Non c’è alcun riscontro oggettivo di dinieghi da parte delle nostre strutture. Da noi operano 41 ginecologi, di cui 8 non obiettori, per cui il servizio è sempre garantito“.

 

Respinta 23 volte prima di poter abortire: l'Usl smentisce

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