Il viaggio della “dolce morte”. Gianni e gli altri italiani in Svizzera come dj Fabo

Tra l’ambulanza, i farmaci, la clinica e l’albergo servono almeno 10-15 mila euro per trasferire in Svizzera i propri cari gravemente malati e desiderosi di morire con dignità e senza dolore. Negli istituti specializzati in “suicidio assistito”. E sono tante le famiglie italiane che, non essendo ammessa in Italia l’eutanasia, scelgono questa strada

Un uomo veneto attende in queste ore come già dj Fabo la “dolce morte” per suicidio assistito, una pratica simile anche se non identica all’eutanasia. Si chiama Gianni ha 65 anni e si trova a Forch, un paesino a venti minuti da Zurigo, dove ha sede “Dignitas” la clinica del “fine vita”. La stessa dove è morto lunedì 27 febbraio 2017 tramite la pratica del suicidio assistito anche Fabiano Andreani: dj Fabo (nella foto in alto Fabiano Andreani ripreso durante uno dei suoi ultimi video messaggi in cui grida “vergogna!” ai parlamentari italiani incapaci di pronunciarsi su una legge in materia di eutanasia).

LA MOGLIE DI GIANNI: DOLORE E RABBIA

Assieme a Gianni c’è la moglie, Emanuela: “Sono arrabbiatissima perché purtroppo siamo costretti a venire fin qui per avere una morte dignitosa e senza sofferenze”, dichiara. Come è noto, in Italia l’eutanasia attiva e passiva, e il suicidio assistito, non sono ammessi dalla legge. Anzi, chi aiuta i propri cari nell’intenzione di togliersi la vita perché la sopportazione di atroci dolori in condizioni di vita terribili non è più sostenibile rischia di incorrere in almeno due ipotesi di reato ai sensi del codice penale: omicidio del consenziente (art. 579 c.p.) oppure istigazione o aiuto al suicidio (art. 580 c.p.).

MIO MARITO È LUCIDO E NON È DEPRESSO

Gianni è malato di tumore e deve assumere tre dosi di morfina al giorno. È dimagrito molto, pesa 50 chili e non ce la fa più a vivere così. Per questo ha scelto di andare in Svizzera per il suicidio assistito. “Mio marito è malato da due anni di tumore – racconta, al Corriere del Veneto, Emanuela -. Ma è comunque una persona ancora lucidissima. E non è depresso“. “Abbiamo elaborato a lungo la scelta di venire fin qui – dice -. Anche io lo farei. A lui piaceva tantissimo vivere però è condannato e vuole morire senza soffrire in modo dignitoso. Perché la vita che ha fatto nell’ultimo periodo per lui non è dignitosa. Ormai pesa cinquanta chili, ed è costretto alla morfina tre volte al giorno. Il problema è proprio la prospettiva: se sapesse che tra cinque, sei mesi smetterebbe di soffrire allora non lo farebbe. Ma così no”.

EUTANASIA ALL’ESTERO: COSTI ASTRONOMICI

Per fare questo viaggio, tra le spese dell’ambulanza, del farmaco, della clinica, dell’albergo, servono almeno 10-15 mila euro. Solo la clinica chiede circa undicimila franchi svizzeri. Una spesa che molti italiani stanno prendendo in considerazione per mettere fine alle proprie sofferenze. Una spesa che tanti altri non possono permettersi anche se volessero. Una spesa che potrebbe essere evitata, secondo molti, se nel nostro paese fosse legalizzata l’eutanasia.

BIOTESTAMENTO E SENTENZE DEI GIUDICI

Il tema però è molto complesso. In Italia non esiste neppure una legge sul testamento biologico col quale indicare le terapie di “vita artificiale” che si intende rifiutare se e quando si dovesse rimanere vittime di una patologia altamente invalidante. Vi è tuttavia una giurisprudenza, fatta di parecchie sentenze di tribunali, anche contraddittorie l’una con l’altra, che entro una certa misura consente di regolamentare, sia pure con difficoltà, caso per caso. Le normative italiane distinguono cioè tra interventi attivi (somministrare un farmaco letale) e passivi: il caso di dj Fabo e di chi compe i viaggi della “dolce morte” sono diversi dall’interruzione volontaria delle cure, della respirazione forzata, di nutrizione e idratazione forzate, che riguardano i famosi casi di Piergiorgio Welby ed Eluana Englaro.

EUTANASIA E STOP ALLE TERAPIE

In queste ultime vicende era stato lo stop alle terapie che tenevano in vita i pazienti a determinarne la morte. Cosa che è potuta accadere, sebbene fra mille polemiche e decine di sentenze dei tribunali. In qualche modo un’eutanasia passiva, secondo alcuni; la fine di un assurdo accanimento terapeutico secondo altri. L’eutanasia attiva, invece, è considerata un intervento senza il quale il paziente, seppure in condizioni drammatiche, sopravviverebbe.

(ASCOLTA L’AUDIO: DJ FABO È MORTO IN SVIZZERA. E IN ITALIA È SCONTRO SU EUTANASIA E SUICIDIO ASSISTITO)

Il viaggio della "dolce morte". Gianni e gli altri italiani in Svizzera come dj Fabo

Photo credits: Twitter

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