I due papà omosessuali, italiani, hanno avuto due gemelli da una madre “surrogata” (cioè che ha “affittato” l’utero) negli Stati Uniti. La Corte d’Appello di Trento ha riconosciuto la loro paternità sui piccoli. È la prima volta in Italia. Il motivo? “Sul legame biologico prevale la decisione di allevare e accudire i nati”.
Svolta clamorosa nella giurisprudenza italiana. Per la prima volta viene riconosciuta anche nel nostro paese a due uomini la possibilità di essere considerati padri di due bambini, gemelli, nati negli Stati Uniti grazie alla maternità surrogata. La decisione, che nel sito Articolo29.it viene definita “storica”, è stata presa dalla Corte d’Appello di Trento che con un’ordinanza ha disposto il riconoscimento di efficacia giuridica “al provvedimento straniero che stabiliva la sussistenza di un legame genitoriale tra due minori nati grazie alla gestazione per altri e il loro padre non genetico”. La tecnica della maternità surrogata prevede che una donna si impegni a portare e far crescere nel proprio grembo, e poi a partorire, un embrione formato dall’incontro fra il seme di un uomo e quello di una donna che non possono avere figli. La maternità surrogata viene anche detta “utero in affitto”.
Nell’ordinanza, che porta la data 23 febbraio 2017, si stabilisce un “principio importantissimo”, come spiega il direttore del portale di studi giuridici di “Articolo 29“, Marco Gattuso, e cioè “l’assoluta indifferenza delle tecniche di procreazione cui si sia fatto ricorso all’estero, rispetto al diritto del minore al riconoscimento dello status filiationis nei confronti di entrambi i genitori che lo abbiano portato al mondo, nell’ambito di un progetto di genitorialità condivisa”. Si tratta di “una pronuncia di assoluta rilevanza”, aggiunge Gattuso, in quanto “per la prima volta un giudice di merito applica, in una coppia di due padri, i principi enunciati dalla Corte di cassazione, con la sentenza n. 19599/2016, in tema di trascrizione dell’atto di nascita straniero recante l’indicazione di due genitori dello stesso sesso”.
Secondo la Corte, infatti, “l’insussistenza di un legame genetico tra i minori e il padre non è di ostacolo al riconoscimento di efficacia giuridica al provvedimento straniero: si deve infatti escludere che nel nostro ordinamento vi sia un modello di genitorialità esclusivamente fondato sul legame biologico fra il genitore e il nato; all’opposto deve essere considerata l’importanza assunta a livello normativo dal concetto di responsabilità genitoriale che si manifesta nella consapevole decisione di allevare e accudire il nato; la favorevole considerazione da parte dell’ordinamento al progetto di formazione di una famiglia caratterizzata dalla presenza di figli anche indipendentemente dal dato genetico, con la regolamentazione dell’istituto dell’adozione; la possibile assenza di relazione biologica con uno dei genitori (nella specie il padre) per i figli nati da tecniche di fecondazione eterologa consentite”.
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