Il Gup di Roma ha inflitto a Manuel Foffo 30 anni di galera. Per Marco Prato il processo comincia ad aprile 2017. Luca Varani, 23 anni, fu brutalmente torturato e ucciso il 4 marzo 2016 in un appartamento della capitale
A poco meno di un anno dai fatti è arrivata la condanna a 30 anni di carcere, in primo grado e con rito abbreviato, per Manuel Foffo, uno dei due giovani trentenni accusati dell’omicidio di Luca Varani, il ragazzo di 23 anni torturato e ucciso il 4 marzo 2016 in un appartamento di Roma, nel quartiere Collatino, nel corso di un festino a base di alcol e droga. La decisione è stata presa, martedì 21 febbraio, dal Giudice per l’udienza preliminare (Gup) Nicola Di Grazia. Il magistrato ha poi disposto il rinvio a giudizio per Marco Prato, accusato di aver partecipato all’omicidio insieme a Foffo. Per entrambi gli imputati è stata esclusa la premeditazione e l’aggravante dei futili motivi.
MARCO PRATO RISCHIA L’ERGASTOLO
Foffo dovrà anche pagare una provvisionale di 200mila euro ai genitori di Varani, in attesa del processo civile che dovrà stabilire l’entità esatta del risarcimento dovuto al padre e alla madre del ragazzo ucciso. Con la sentenza di oggi le vicende giudiziarie dei due amici si separano definitivamente. Manuel Foffo, che aveva scelto un rito alternativo, potrà eventualmente ricorrere in appello, mentre per Marco Prato, difeso dagli avvocati Pasquale Bartolo e Matteo Policastri, il processo ordinario comincerà il prossimo 10 aprile davanti ai giudici della Corte d’Assise. Il pm Francesco Scavo, aveva sollecitato una pena di 30 anni di reclusione per Foffo: la più alta che il magistrato potesse sollecitare in considerazione del rito scelto dall’imputato.
FURIBONDO IL PADRE DI VARANI
Ma la reazione del padre di Luca Varani è stata rabbiosa: “Sono amareggiato, non è giustizia piena. Questi omicidi non possono essere giudicati col rito abbreviato”, ha dichiarato. Vero è che l’abbreviato ha consentito a Foffo la riduzione di un terzo della pena mentre col rito ordinario avrebbe rischiato l’ergastolo. “Non c’è motivo, in base alle carte, che possa giustificare questa decisione. La premeditazione secondo me c’è”, ha detto l’avvocato Andrea Florita, che assiste i genitori di Luca Varani, “il giro in macchina, l’invito a Luca, sono elementi che secondo me mostrano la premeditazione. Appena entrato nell’appartamento – ha aggiunto Florita – c’era l’intenzione di ucciderlo”.
COSA ACCADDE DAVVERO QUEL GIORNO?
Secondo quanto ricostruito dall’accusa, nell’atto di chiusura, Manuel Foffo e Marco Prato “dopo aver fatto entrambi ripetuto uso di sostanze alcoliche e stupefacenti nei giorni antecedenti l’evento e dopo essere usciti di casa nella mattina del 4 marzo e aver girato in macchina per le vie di Roma alla ricerca di un qualsiasi soggetto da uccidere o comunque da aggredire al solo fine di provocargli sofferenze fisiche e togliergli la vita” avrebbero fatto rientro nell’appartamento di Foffo, dove avrebbero contattato Varani con un messaggio, invitandolo a raggiungerli per un incontro. Giunto nella casa di via Igino Giordani, avrebbero fatto denudare il ragazzo “sul presupposto di ottenere una prestazione sessuale” e, dopo averlo stordito con una massiccia dose di droga Ghb, lo avrebbero aggredito selvaggiamente. I due indagati avrebbero quindi provato a strangolare Varani con una corda di nylon al collo per poi ferirlo a morte con oltre 100 colpi di martello e di coltello.
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