A Gianfranco Fini un avviso di garanzia. Sarebbe coinvolto, secondo le accuse, in attività di riciclaggio che riguarderebbero anche la consorte Elisabetta Tulliani, il padre di lei, Sergio, e il fratello Giancarlo, già al centro della vicenda dell’appartamento di Montecarlo. “Era atto dovuto, ho fiducia nei magistrati” è la replica di Fini
L’ex presidente della Camera dei Deputati, già leader di Alleanza Nazionale e co-fondatore con Silvio Berlusconi del Popolo della libertà, Gianfranco Fini, è indagato per concorso in riciclaggio nell’ambito dell’inchiesta che ha portato la Guardia di Finanza a sequestrare beni per 5 milioni alla famiglia Tulliani. A Fini è stato consegnato un avviso di garanzia. Elisabetta Tulliani è la consorte di Fini.
LE ACCUSE
L’iscrizione nel registro degli indagati del fondatore di Alleanza Nazionale, secondo il sito web dell’agenzia Ansa, scaturisce dalle perquisizioni a carico di Sergio e Giancarlo Tulliani – rispettivamente il padre e il fratello di Elisabetta – eseguite lo scorso mese di dicembre. Gli accertamenti bancari e finanziari sui rapporti intestati alla famiglia Tulliani avrebbero infatti portato alla luce nuove condotte di riciclaggio, reimpiego e autoriciclaggio posti in essere – dal 2008 in poi – da Sergio, Giancarlo, Elisabetta Tulliani e Gianfranco Fini. La Guardia di Finanza, coordinata dalla Dda di Roma, ha eseguito nella mattina di martedì 14 febbraio un decreto di sequestro preventivo di beni per un valore di 5 milioni nei confronti dei Tulliani.
I PRECEDENTI ARRESTI
Il sequestro è il frutto degli sviluppi dell’indagine che ha portato a dicembre dell’anno scorso all’emissione di un’ordinanza di custodia in carcere nei confronti di Francesco Corallo, Rudolf Theodor, Anna Baetsen, Alessandro La Monica, Arturo Vespignani e Amedeo Laboccetta, ritenuti dagli investigatori appartenenti a un’associazione a delinquere transnazionale dedita a peculato, riciclaggio e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. I profitti ottenuti dall’associazione con il riciclaggio – sempre secondo gli investigatori -, sarebbero stati utilizzati da Corallo in attività economiche e finanziarie e in acquisizioni immobiliari. Profitti anche destinati ai membri della famiglia Tulliani.
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