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Google dona 4 milioni di dollari ai migranti cacciati da Trump

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Il  “MuslimBan”, l’ordine esecutivo con il quale Trump vieta l’ingresso di profughi e viaggiatori  islamici in territorio americano, colpisce molte aziende come Google e Facebook. 

L’ordine di Trump vieta ai mussulmani appartenenti a sette stati ( Iraq, Siria, Iran, Sudan, Libia, Somalia e Yemen) di entrare in America per i prossimi 90 giorni, e sospende anche il  Visa Interview Waiver ovvero il rinnovo automatico dei visti per il lavoro.

Google (che ricorda come Steve Jobs, fosse figlio di un migrante siriano) dichiara che “l’Apple non esisterebbe senza emigrazione” e non rimane impassibile di fronte a tale decisione: ha aperto infatti un fondo di emergenza per sostenere le organizzazioni che si occupano di immigrazione, visto che sono circa 187 i dipendenti della nota azienda a dover affrontare questa problematica. Attraverso anche le donazioni volontarie dei dipendenti è stato possibile raccogliere una somma di 4 milioni di dollari, che sarà distribuita tra l’American Civil Liberties Union, l’Immigrant Legal Resource Center, l’International Rescue Committee e la UNHCR. Usa Today parla del più importante intervento di Google per una crisi umanitaria.

Tutte le aziende, da Twitter al più recente Netflix fanno sentire la loro voce in difesa dei loro dipendenti. Satya Nadella, leader di Microsoft di origini indiane dichiara: “Come immigrato e come amministratore delegato, ho consapevolezza dell’impatto positivo che l’immigrazione ha avuto nella nostra azienda, nel paese e per nel mondo»,  anche Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook spiega sul suo profilo come questa norma anti-islamica non sia la soluzione giusta per salvaguardare il paese e per risolvere il problema del terrorismo: “Abbiamo bisogno di tenere questo paese al sicuro, ma dovremmo farlo focalizzandoci su persone che rappresentano effettivamente una minaccia. Espandere il raggio d’azione dell’applicazione della legge oltre le persone che sono davvero delle minacce renderebbe tutti gli americani meno sicuri deviando delle risorse, mentre milioni di persone senza documenti che non rappresentano una minaccia vivrebbero nella paura della deportazione”.

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