Prosegue il processo per la scomparsa di Elena: fissata la requisitoria del pm e la discussione delle parti civili. Respinte le richieste della difesa.
Prosegue il processo in Corte d’Assise d’Appello a Torino di Michele Buoninconti, il vigile del fuoco condannato in primo grado a 30 anni per l’omicidio della moglie Elena Ceste: le richieste della difesa sono state respinte. I suoi legali, Giuseppe Marazzitta ed Enrico Scolari, avevano chiesto di svolgere nuovi accertamenti, tra cui una perizia medico legale sulle cause della morte. “Si tratta di un rito abbreviato e per decidere è sufficiente basarsi sugli atti”, ha detto a margine dell’udienza l’avvocato della famiglia Ceste, parte civile nel processo, Deborah Abate Zaro. La scelta del rito abbreviato, che prevede uno sconto di un terzo della pena, era stata scelta dai precedenti difensori di Buoninconti in primo grado: “I giudici – continua l’avvocato Abate Zaro – ritengono di avere tutto ciò che è necessario”.
Una decisione, dunque, che potrebbe arrivare in assenza di alcune prove. Intanto l’accusa ha presentato una serie di disegni e di lettere che il Boninconti avrebbe spedito dal carcere ai suoi cari e ai suoi figli: “Presto torneremo ad essere una famiglia”. Spesso il vigile disegna cuori con le iniziali sue e di Elena, e scrive: “siamo stati fortunati ad avere una mamma come te. Il ricordo di mamma è sempre vivo”.
“È una partita ancora da giocare, non c’è nessun omicidio da punire ” hanno precisato gli avvocati Giuseppe Marazzita ed Enrico Scolari, difensori di Michele Buoninconti. “La Corte – hanno detto – ha respinto la nostra richiesta principale, che era quella di nuove perizie. Ma acquisirà tutti gli elementi che abbiamo depositato: nuove fotografie del corpo, da cui emergono due fratture, documenti che dimostrano che il Rio Mensa, dove Elena Ceste è stata ritrovata, è esondato più volte, i verbali dei Vigili del fuoco che raccontano di aver perlustrato la zona il giorno della scomparsa della donna. Secondo le perizie psichiatriche, Elena Ceste era in condizioni tali da porre in essere comportamenti autolesionisti, ma comunque non pensiamo a un suicidio volontario”.
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