Le motivazioni della sentenza, non ancora definitiva, con cui è stato condannato a 27 anni Padre Gratien Alabi per omicidio e occultamento di cadavere
“Padre Gratien uccise Guerrina Piscaglia per evitare uno scandalo. Un atto istintivo. Aveva paura. Vedeva minacciate la salvaguardia del suo onore e la sua dignità di prete”. Questa la tesi che si legge nelle motivazioni della sentenza, pronunciata dalla Corte d’appello il 24 ottobre 2016, che ha condannato il frate congolese a 27 anni per omicidio volontario e occultamento di cadavere.
Il caso è quello della donna scomparsa da Ca’ Raffaello nell’Aretino il primo maggio 2014 il cui cadavere non è mai stato ritrovato. Padre Gratien si trova attualmente nel convento romano dei padri Premostratensi dove celebra messa e fa intensa vita di comunità. Non ha mai smesso di proclamarsi innocente.
Ma invece sono non pochi, riporta il Tirreno online, i punti fondamentali sui quali si basa il castello accusatorio del pm Marco Dioni sposato dalla Corte. In primo luogo l’alto numero di chiamate tra Padre Gratien e Guerrina Piscaglia prima delle 14 del primo maggio e la caduta verticale successiva. Gli sms mandati dal cellulare di Guerrina dopo la sua sparizione, peraltro carichi di errori di ortografia. Il depistaggio messo in atto dal frate secondo il quale la donna poteva essere partita con un ambulante marocchino. La figura di zio Francesco, personaggio totalmente inventato, secondo procura e giudici, per depistare le indagini e il modus vivendi del religioso “incline alla bugia”.
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