La Russia ricatta Trump? La storia del video a luci rosse

Video di Donald Trump in compagnia di prostitute in un hotel di Mosca girati per ricattare il futuro presidente degli Stati Uniti.

Pronta la risposta di Putin: «No, il Cremlino non ha informazioni compromettenti su Trump» dice il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, a Mosca smentendo la notizia non verificata di presunte informazioni di natura “volgare” su Donald Trump in mano ai russi. «è assolutamente una bufala, un’assoluta montatura, una completa fesseria. Il Cremlino non si occupa della raccolta di informazioni compromettenti. Ciò si chiama pulp fiction», ha dichiarato Peskov.

Eppure la voce nell’ambiente si sta diffondendo a macchia d’olio, sinoa  sembrare più una certezza che una supposizione. Le informazioni su Trump classificate comprendono indicazioni su presunto materiale in possesso di russi con informazioni personali e finanziarie compromettenti per il tycoon e non provengono dall’intelligence Usa, ma da un ex agente britannico. Il nuovo presidente degli Stati Uniti sarebbe quindi a rischio ricatto, riferiscono diversi media americani, a partire dalla Cnn che per prima ha confermato le indiscrezioni,  citando fonti ufficiali americane anonime.

“Il New York Times non è riuscito a confermare le affermazioni – sostengono – ma le agenzie di intelligence considerano il materiale così esplosivo che hanno deciso che Obama, Trump e i leader del Congresso dovessero esserne messi al corrente e informati del fatto che le agenzie stavano investigando attivamente”. “La decisione dei vertici dei servizi – scrive ancora il New York Times – di consegnare al presidente, al presidente eletto e alla cosiddetta Gang of Eight – i leader Repubblicani e Democratici del Congresso e dei comitati d’intelligence – materiale non verificato e diffamatorio è stata estremamente irrituale”. Che il tycoon avesse qualche scheletro nell’armadio era cosa risaputa, ma in molti si chiedono se il fatto che sia ricattabile (se le informazioni verranno confermate) non possa diventare un problema per la politica estera statunitense.

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Photo Credits: Facebook

 

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