Non ha ucciso Fortuna, non ha mai commesso abusi su di lei e quando la bimba precipitò dal palazzo, lui si trovava in strada: questa la verità di Caputo.
“Sono innocente”: lo urla a gran voce Raimondo Caputo, accusato di aver seviziato ripetutamente la piccola Chicca e averla gettata poi dal palazzo. Lui però ci tiene a ribadire: la madre di Fortuna lo vide in strada mentre era insieme con la propria figlia che giocava su una bici e se era in strada non può essere stato lui ad uccidere Chicca. Ha sostenuto di essere un ladro, non un assassino e ha detto di non aver mai fatto mancare nulla alle figlie della sua ex compagna Marianna Fabozzi (imputata di concorso in abusi su minori) quando si trovavano presso una casa famiglia.
A smentirlo, però, oltre alle dichiarazioni riportate dai testimoni, anche le psicologhe della casa-famiglia dove una bambina definì l’imputato “un mostro”. E, a proposito degli abusi che avrebbe subito, riferì che la madre le disse che ”sarebbe passato tutto” e doveva stare zitta. É una delle circostanze riferite dalla psicologa – interrogata come teste – della Casa dei Marmocchi, una casa famiglia per minori di Afragola (Napoli) dove erano state trasferite le tre bambine, figlie di Marianna Fabozzi, imputata al processo per la morte di Fortuna Loffredo, la piccola uccisa dal suo ex compagno, Raimondo Caputo, detto Titò.
Le bimbe avevano confidato al personale della struttura, che sorge nella provincia di Napoli, che “Titò era un lupo”, come il personaggio cattivo delle fiabe. E che sarebbe stato lui a gettare nel vuoto la piccola Fortuna, in quel maledetto 24 giugno del 2014. Il processo si svolge davanti alla V sezione della Corte d’Assise (presidente Alfonso Barbarano, giudice a latere Annalisa De Tollis); riprenderà il 10 gennaio con l’esame di testimoni tra cui familiari di Fortuna.
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