Scatta il piano del ministro dell’Interno Marco Minniti e del capo della Polizia, Franco Gabrielli, sui Cie: espulsioni possibili fino a 20 mila all’anno, in ogni regione italiana un Centro di identificazione ed espulsione. Ma la realtà non è così semplice
A una settimana dall’uccisione nella sparatoria con la polizia a Sesto San Giovanni di Anis Amri, l’attentatore di Berlino, – e a poche ore dalle feste di Capodanno “blindate” nelle piazze, sabato 31 dicembre 2016 – arriva una forte stretta da parte delle forze dell’ordine in funzione antiterrorismo: con una circolare alle questure il capo della Polizia Franco Gabrielli ha intensificato i servizi per i controlli e l’allontanamento degli stranieri irregolari. Anis Amri, come è noto, era arrivato in Italia dalla Tunisia nel 2011, aveva fatto anche alcuni anni di carcere e poi aveva attraversato l’Europa, pur restando monitorato dalle forze dell’ordine, per approdare in Germania.
TORNANO I CENTRI DI IDENTIFICAZIONE
Adesso la svolta secca del Governo italiano. Sebbene in apparenza sia una “semplice” circolare, il documento firmato da Franco Gabrielli è stato stilato d’intesa con il ministro dell’Interno, Marco Minniti e chiama “a raccolta” tutte le forze dell’ordine. Ma soprattutto presenta un vero e proprio piano che prevede l’apertura – dopo che erano stati chiusi, essendosi negli anni dimostratisi luoghi di repressione dei diritti umani – di un centro di identificazione e di espulsione (Cie) in ogni regione d’Italia.
SCHEDATURA ED ESPULSIONI IN MASSA
E inoltre prevede un censimento capillare dei migranti irregolari nelle città “attraverso una specifica attività di controllo delle diverse forze di polizia” scrive Gabrielli. “Sarà a tal proposito necessario, fornire loro indicazioni specifiche affinché, in caso di rintraccio di detti stranieri, assumano diretti contatti con gli Uffici immigrazione delle Questure territorialmente competenti, cui spetta l’avvio delle procedure di espulsione”. L’idea è di aumentare il numero delle espulsioni dalle attuali 5 mila unità a 10 mila se non addirittura 20 mila.
ESPELLERE? NON È FACILE
La realtà però è quasi sempre un’altra cosa. Innanzitutto c’è la difficoltà di rispedire ai Paesi d’origine le persone arrivate via mare. Motivo? Con molti Paesi, soprattutto africani, non ci sono accordi bilaterali e anche con quelli in cui l’intesa c’è – Egitto, Tunisia o Nigeria -, il problema dei costi è rilevante, poiché sono a carico del contribuente italiano. Ecco quindi che Marco Minniti porterà il suo piano in Parlamento e poi comincerà immediatamente una serie di viaggi nei Paesi africani per stilare intese sui rimpatri.
QUELLI CHE CHIEDONO ASILO POLITICO
Non basta però. Fra i migranti che arrivano in Italia sui barconi o via terra, nelle stive dei camion, o in treno o con altri mezzi, perché scappano dalla povertà, dalla guerra e dalla fame, molti chiedono asilo politico, e tanti altri lo chiedono per ragioni umanitarie. Alcuni non possono essere semplicemente espulsi perché rischiano la vita. Ad esempio perché sono omosessuali e se fossero “rispediti” nel proprio Paese verrebbero perseguitati, incarcerati o uccisi.
Photo credits: Twitter, Facebook
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