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Cronaca

‘Ndrangheta, preso il latitante Marcello Pesce

Pubblicato da
Redazione

A Rosarno è stato catturato il boss della ‘ndrangheta latitante da sei anni e sfuggito all’arresto nel 2010. L’uomo non ha opposto resistenza.

Marcello Pesce, soprannominato “U Ballerinu“, fa parte dell’omonima cosca guidata da Antonio Pesce, ed è stato arrestato a Rosarno dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria e dal Servizio centrale operativo, che lo hanno scovato in un appartamento nel centro del comune, dove si trovava insieme ad altre due persone, entrambe arrestate per favoreggiamento. L’operazione è scattata alle 5 del mattino del 1 dicembre, quando gli investigatori erano ormai certi della sua presenza all’interno dell’abitazione e hanno arrestato il boss senza che opponesse resistenza.

Marcello Pesce era latitante dall’aprile del 2010, quando la polizia aveva cercato di catturarlo ma, grazie a un sms, l’uomo era stato avvisato dell’arrivo delle forze dell’ordine ed era riuscito a fuggire. Da allora gli uomini della Squadra Mobile hanno setacciato la campagna di Rosarno e Milano, città dove il boss aveva gestito per anni gli affari del clan, frequentando anche i locali e le discoteche del capoluogo lombardo. Proprio per la sua passione per questi ambienti e per la movida a cui spesso si abbandonava, era stato soprannominato dai suoi “U Ballerinu“. Pesce sarebbe anche ricorso al chirurgo per bloccare l’incipiente calvizia, ma ciò non ha depistato le indagini della polizia, che è riuscita comunque a identificarlo.

Il latitante era molto attivo nelle imprese del clan per cui lavorava, ed è stato uno dei sostenitori della diversificazione degli investimenti necessari per riciclare i soldi incassati dal traffico di droga, concentrando la propria attenzione soprattutto nelle promettenti terre dell’Italia del nord. A carico di Marcello Pesce si sono accumulate condanne per oltre 16 anni per diversi reati, che vanno dall’associazione mafiosa allo spaccio e al traffico della droga, e ora, terminata la sua latitanza, dovrà pagarne le conseguenze.

Photo Credits: Facebook

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