Moez Fezzani, conosciuto come Abu Nassim, tunisino, è stato fermato in Sudan. Secondo le accuse reclutava terroristi in Italia e aveva vissuto a lungo a Milano.
È considerato molto pericoloso. E, secondo gli inquirenti, fra i reclutatori di terroristi dell’Isis in Italia. Adesso l’hanno fermato: è stato arrestato in Sudan il tunisino Moez Fezzani, conosciuto come Abu Nassim. Lo si apprende in ambienti dell’antiterrorismo. Avrebbe fatto parte, tra il 1997 e il 2001, di una cellula del “Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento” con base a Milano che reclutava uomini da inviare nei Paesi in guerra.
Due anni fa, nel 2014, è stato condannato definitivamente a Milano per associazione per delinquere con finalità di terrorismo; tuttavia era introvabile: nel 2012 era stato infatti assolto in primo grado ed espulso dall’Italia. Fezzani era perciò ricercato in base a un mandato di cattura internazionale, dopo la condanna definitiva a 5 anni e 8 mesi, emesso dalla Procura Generale della Repubblica di Milano per associazione per delinquere con finalità di terrorismo. È stato individuato in Sudan grazie al lavoro delle due agenzie di intelligence italiane. Nato a Tunisi nel 1969, Fezzani è considerato militante di Al Qaida in Afghanistan, è noto da oltre un ventennio per le sue attività nell’ambito di una delle formazioni satellite di Al Qaida, Ansar Al Sharia Tunisia (AST).
Catturato in Pakistan nel 2002, è stato detenuto nella base statunitense di Bagram e poi estradato in Italia. Nell’aprile 2012, dopo un periodo di detenzione, viene espulso in Tunisia. In seguito viene localizzato in Libia,dove gestisce campi di addestramento per aspiranti mujaheddin. Nell’estate 2013, raggiunge la Siria, per poi rientrare nuovamente in Libia nel 2014 dove recluta aspiranti combattenti. Era fra i presunti terroristi ricercati dalla Tunisia, per l’organizzazione degli attentati al Museo del Bardo e all’Hotel Imperial di Sousse. In Tunisia Fezzani è considerato uno degli uomini più pericolosi, dopo il tentativo, lo scorso marzo, di prendere il controllo della città tunisina di Ben Guerdane che provocò la morte di 58 persone. Ha vissuto a lungo in Italia. Lo ha raccontato lui stesso negli interrogatori davanti al giudice milanese Guido Salvini al momento del suo rientro in Italia dalla prigione di Bagram.
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