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Clinton e Trump, insulti reciproci anche alla cena di beneficenza

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Redazione Velvet News

Non è bastata un’occasione di beneficenza, come il galà al Waldorf Astoria di New York, per pacificare Hillary Clinton e Donald Trump.

C’è una cena di beneficenza, negli Stati Uniti, che da quasi 70 anni costituisce un rito irrinunciabile della grande politica americana: quella che si è tenuta giovedì 20 ottobre al Waldorf Astoria di New York, organizzata dalla Alfred and Smith Memorial Foundation.

Neppure questo happening è bastato per firmare la tregua nella battaglia elettorale per le presidenziali del prossimo 8 novembre fra Hillary Clinton e Donald Trump. Sì, fra i due sfidanti all’ultimo voto qualche sorriso e qualche battuta ci sono stati. Ma alla fine sono volati gli insulti. E la stretta di mano finale alla cena di beneficenza – mancata nell’ultimo dibattito in tv – non ha convinto nessuno. Durante la serata i due, separati a tavola dal cardinale arcivescovo di New York Timothy Dolan, si sono alternati sul palco “sparandosi” frecciate pesanti. Ha cominciato il candidato più in difficoltà: il repubblicano Trump, che ha deriso la Clinton sostenendo che “per me questa sera è come una cenetta intima tra amici, per Hillary è una folla che non ha mai visto”. E che per la prima volta Hillary sedeva e parlava a imprenditori importanti senza essere pagata. Il riferimento era chiaro: le email segrete rese note da Wikileaks sulle conferenze a banchieri e uomini d’affari che l’ex first lady ha tenuto in cambio di lauti cachet.

Quindi il tycoon ha alzato i toni, dicendo che l’avversaria è “così corrotta” che sarebbe stata cacciata dalla commissione sul Watergate. La Clinton, dal canto suo, ha ironizzato sull’ammirazione di Trump per il presidente russo Vladimir Putin, sostenendo che è arduo parlare a braccio davanti a un pubblico, “soprattutto quando bisogna leggere il testo originale in russo”. E, con un riferimento alle accuse di abusi arrivate da donne nei confronti di Trump, la candidata democratica si è chiesta che voto darebbe il suo rivale alla Statua della Libertà: “quattro, o forse cinque” se lascia la torcia e il libro e si sistema i capelli.

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