Velvet Mag ha contattato Elio Valentino per parlare del Premio Ischia Internazionale di Giornalismo (di cui è socio fondatore insieme al fratello Benedetto), uno dei riconoscimenti più antichi e prestigiosi d’Europa nell’ambito dell’informazione. Ecco cosa ci ha detto riguardo l’ultima edizione e sul giornalismo al giorno d’oggi…
Vuole parlarci del premio Ischia e della sua importanza per il Giornalismo?
Il Premio Ischia Internazionale di Giornalismo è nato nel 1980 dall’intuizione di Giuseppe Valentino che comprese come il mondo dell’informazione era in evoluzione e si avvertiva il bisogno di un momento di confronto. Nell’arco della sua lunga storia ha premiato giornalisti difama internazionale come Walter Cronkite, Peter Arnett, David Grossman, Martin Wolf, oltre ai più autorevoli italiani come Montanelli, Biagi e tanti altri. Ma anche i nuovi protagonisti dell’informazione mondiale come TIAN Wei, conduttrice TV leader in Cina per la CCTV la più grande rete televisiva della Cina Occidentale con ascolti settimanali di circa 80 milioni di telespettatori. Ad Ischia in quasi quarant’anni sono sbarcati tantissimi giornalisti che hanno raccontato storie e verità dai loro paesi di provenienza. Un premio che rappresenta da sempre un crocevia tra culture diverse. Nell’arco della manifestazione organizziamo dibattiti, incontri su tempi di attualità, giornalismo, che sono ripresi interamente da Skytg24. Molti di questi giornalisti internazionali che combattono per la libertà nel loro paese non sono conosciuti dal grande pubblico in Italia. Il premio oggi è riconosciuto soprattutto all’estero tra i più prestigiosi ed autorevoli. Questa condizione si costruisce negli anni, con una giuria autorevole formata dai principali direttori di giornali e della televisione italiana, ma anche con una presenza di giornalisti internazionali, che ogni anno si riuniscono per discutere e decidere a chi assegnare i premi, nelle varie sezioni, e decidere chi sarà il giornalista dell’anno. È raro che un direttore è assente alla riunione, perché il premio Ischia è per gli addetti ai lavori un momento di riflessione sul mestiere, su come sta cambiando, su quali sono le nuove forme di comunicazione, ed è l’occasione per fare benchmarking tra le diverse forme e modalità di essere giornalista.
Com’è andata l’ultima edizione?
L’ultima edizione è stata molto seguita, come sempre, abbiamo trattato il tema della libertà di stampa in Paesi dove sono in corso guerre civili e abbiamo premiato con il Premio Internazionale, i giovani di "RAQQA IS BEING SLAUGHTERED SILENTLY", gruppo di giornalisti e attivisti dei diritti umani che pubblicano a Raqqa in Siria un sito web e pagine di social che testimoniano le violenze commesse contro la popolazione civile dall’Isis e dal regime di Assad. La giuria con questo riconoscimento ha sottolineato il lavoro ammirevole in un città devastata, dove il dovere di informare comporta il rischio della propria vita. Non meno importante è stato il premio Ischia per i diritti Umani. Can Dündar, rettore di Cumhuriyet, il quotidiano diventato simbolo dell'attacco alla libertà di stampa in Turchia. Dündar, a maggio scorso è stato condannato, insieme al suo caporedattore ErdemGul, a 5 anni e 10 mesi di carcere per rivelazione di segreto di Stato nel processo subito per avere rivelato in uno suo scoop il passaggio di armi dei servizi segreti in Siria. Temi delicati e importanti come ha sottolineato il Ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, presente quest’anno al Premio Ischia. Vorrei inoltre ricordare che come fondazione siamo concessionari della Presidenza del Consiglio dei Ministri per il Premio “Penna d’Oro” il più antico riconoscimento della cultura italiana. Nato nel 1957 alla memoria di Giovanni Papini, rappresenta il riconoscimento ufficiale dello Stato Italiano a giornalisti e scrittori che hanno dato lustro al nostro Paese. Quest’anno è stato attribuito al cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura.
Qual è il segreto del vostro successo?
Non c’è un segreto ci sono degli “ingredienti” che contribuiscono a creare un prodotto culturale di qualità. La fondazione lavora ininterrottamente per far sì che approdino a Ischia i protagonisti del mondo dell’informazione, professionisti impegnati quotidianamente per far conoscere la verità nelle varie parti del mondo. È importante rinnovarsi di anno in anno, puntare ai contenuti e non correre dietro le mode del momento. Noi al Premio Ischia mostriamo come si fa notizia nel mondo, è un lavoro molto impegnativo, che implica relazioni internazionali. Il Premio rappresenta una finestra sempre aperta su chi rischia la propria vita per raccontare guerre, dittature e corruzione. Ricordiamoci che attualmente secondo Reporter Senza Frontiere sono oltre centro (quelli censiti) i giornalisti che per fare il loro mestiere rischiano la vita. Questo tipo di giornalismo premiamo. Non dimenticando anche i tanti italiani, minacciati di morte e sotto scorta, come Lirio Abate, (premio Ischia nel 2006), Luciano Regolo (premiato nel 2014) e i tanti giornalisti di provincia che lavorano, in silenzio, con grande umiltà. La giuria individua dei modelli di giornalismo che fanno la differenza. Ricevere un premio è una gratificazione per chi lavora con passione un’intera vita ad un mestiere difficile.
Cosa pensa del giornalismo al giorno d’oggi e del giornalismo 2.0?
Assistiamo ad una vera rivoluzione nel campo dell’informazione. In questo momento viviamo tra il presidio della parola scritta” dell’informazione tradizionale come quella dei quotidiani e settimanali, e il “chiacchiericcio social”, dove ogni messaggio viene letto come notizia. Poi c’è la terza via e cioè la forza dell’immagine, le istantanee. Questa frattura crea lo smarrimento del fruitore che cerca la verità. Per il lettore sono tempi duri. La Rete può essere usata come una grande opportunità per far conoscere al mondo verità nascoste. La dimostrazione lampante è proprio il lavoro di informazione fatto in Siria dai vincitori del Premio Internazionale “RAQQA IS BEING SLAUGHTERED SILENTLY". Loro sono diventati fonte internazionale attendibile perché hanno sempre raccontato i fatti non caricandoli di connotazione politiche o soggettive, ma soprattutto hanno fatto conoscere alla comunità internazionale gli orrori dell’ Isis. Il mestiere è molto cambiato, i social media “bruciano” le notizie in tempi rapidissimi. Oggi tutti hanno la possibilità di informare, il punto è come lo si fa. La credibilità della fonte è oggi più che mai prioritaria. La rete che rappresenta il futuro ha bisogno di regole, non solo per l’attendibilità delle notizie, e qui che entra in gioco, il mestiere del giornalista, ma anche e soprattutto per conoscere il limite tra “diritto di informare” e “privacy”. Questa a mio parere è la linea da seguire, essere fonte di notizie e non profeti del proprio pensiero o sponsor di pensieri altrui.
Quale consiglio vuole dare a tutti i ragazzi che sognano di diventare giornalisti?
Oggi è un mestiere difficile che comporta molti sacrifici, una volta una dura gavetta, se si era validi e bravi, ti consentiva di poter accedere a redazioni importanti. Oggi i giornali tradizionali non hanno più la possibilità di assumere e bisogna essere davvero motivati e decisi per intraprendere la professione giornalistica. Poche certezze, pochissimi i guadagni, ci vuole passione! Se si ha fame di verità e si vuole costruire con il proprio lavoro una società più consapevole si può fare il giornalista. Se, invece, si pensa solo alla fama, all’uscire in video e lo si prende come un mestiere per guadagnare, non è quella la professione giusta.
Photo Credits Ufficio Stampa
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