Un bagno chimico privato pagato 5600 euro da Poste italiane e le contestazioni sulla carriera nell’azienda. Il fratello del ministro invia formale diffida per bloccare la messa in onda del servizio dedicato alla sua carriera in Poste Italiane. “L’intervista è stata rubata”. Adesso va dicendo che l’ho fottuto perché non gli ho fatto dare 170mila”. La telefonata con cui Raffaele Pizza, uomo vicino al ministro dell’Interno Angelino Alfano, si vantava di aver facilitato, anche grazie ai suoi rapporti con l’ex ad di Poste Massimo Sarmi, l’assunzione di Alessandro Alfano a Postecom è stata lo spunto colto da Milena Gabanelli per costruirci sopra una puntata di Report. Al centro della trasmissione proprio la carriera lampo del fratello di ministro.
“Quella annunciata – tuona il fratello del ministro dell’Interno – non è una mia intervista, ma una serie di dichiarazioni che sono state registrate da un soggetto che non si è in alcun modo qualificato come giornalista e riprese da una telecamera inizialmente occultata. Metodologia che sicuramente non risponde ai canoni professionali del giornalista e, ancor più grave in questo caso, del servizio pubblico”. Al centro del servizio di Report c’è il suo ruolo di dirigente delle Poste in Sicilia su cui anche la Corte dei Conti sta indagando. La magistratura contabile sta, infatti, passando al setaccio tutto l’iter di promozioni e ritocchini che hanno portato Alfano jr a guadagnare 200mila euro l’anno. Vuole, infatti, vederci chiaro e assicurarsi che non c’è stato alcun illecito contabile. Che qualcosa non torni, però, è stato chiaro sin da subito.
Con la diffida a Report, Alessandro Alfano non fa altro che sollevare un nuovo polverone. “Le mie dichiarazioni sono state ottenute contro la mia volontà e non sono accompagnate dal alcuna mia dichiarazione liberatoria – tuona il fratello del ministro – qualora mi fosse stata richiesta un’intervista l’avrei senz’altro rifiutata in pieno ossequio alle direttive aziendali che regolano la comunicazione esterna dei dirigenti di Poste Italiane. Solo il rispetto di questi obblighi, quindi, mi impedisce di entrare nel merito, in questa sede, delle infamanti e non veritiere accuse che mi vengono mosse”. Il servizio ricostruisce tutta la trafila di aumenti dal 2013, anno in cui Alfano jr viene assunto a Postecome, società controllata al 100% da Poste Italiane, con uno stipendio da 160mila euro l’anno. Nel giro di pochi mesi, però, viene trasferito a Poste Tributi, un’altra società del gruppo, e lo stipendio lievita a 180mila euro. Lo scorso maggio, poi, un altro trasferimento (questa volta a Poste) spinge lo stipendio a 200mila euro. Secondo il Fatto Quotidiano, sarebbe stato “proprio Francesco Caio, l’uomo scelto da Matteo Renzi per risanare le Poste, a vistare per l’occasione l’ennesimo aumento”. Se la ricostruzione di questi fatti dovesse andare in onda, Alfano sarà pronto a trascinare la Gabanelli in tribunale. “Compito del servizio pubblico nazionale – ha ricordato – è quello di informare, non creare tesi diffamatorie”.
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