Sarà un decreto fiscale approvato insieme alla legge di bilancio a decretare la fine di Equitalia. Un addio che porterà con sé anche lo stralcio degli interessi di mora e delle sanzioni sulle cartelle arretrate, una misura che nelle intenzioni dovrebbe portare al governo circa 4 miliardi una tantum destinati ad alimentare la manovra.
È stato il presidente del Consiglio Matteo Renzi, al termine del cdm, a spiegare l’orientamento del governo in tema di riscossione. Il governo, ha detto, ha previsto l’abolizione di Equitalia “con il suo ingresso in Agenzia delle Entrate, con un periodo di tempo che richiederà almeno sei mesi per completare il percorso“. In questo tempo vanno risorsi alcuni problemi tecnici, a partire quelli del personale, visto che i dipendenti di Equitalia non sono inquadrati come dipendenti pubblici e anche loro dovrebbero quindi entrare per concorso come nel caso dei dirigenti incaricati delle Entrate.
Come e in che modo si configurerà la riscossione nell’era post Equitalia è ancora presto per dirlo, intanto però il premier si è limitato a spiegare: “Chiudere Equitalia significa chiudere con quel modello e aprire un meccanismo per cui quando non paghi una tassa ti arriva un sms: se mi scordo. È un meccanismo che ha un senso, lo avevo promesso dai tempi della Leopolda”.
Per una porta che si aprirà, quella che si chiuderà dovrebbe riguardare le cartelle già emesse. Per queste il governo immagina una riedizione di un provvedimento già varato dal governo Letta nella legge di stabilità 2014: una sanatoria di sanzioni e interessi di mora per chi decidesse di pagare le proprie cartelle arretrate in poche soluzioni. In pratica, tutte quelle voci accessorie che spesso fanno lievitare le imposte dovute – che dovranno comunque essere pagate integralmente anche con questo provvedimento – fino a cifre molto alte. I dettagli erano già stati anticipati dal viceministro dell’Economia Enrico Zanetti, sponsor della proposta insieme al suo gruppo parlamentare congiunto Scelta Civica-Ala.
Quanto alla possibilità che dalla misura il governo possa incassare i 4 miliardi auspicati resta comunque qualche incognita. Basti pensare che tre anni fa, la sanatoria targata Letta, benché meno appetibile e più stringente, permise di incassare poco più di 700 milioni di euro. In questo caso il governo spera di incassare una cifra cinque volte più grande, quindi è facile immaginare che i limiti fissati saranno molto a vantaggio dei contribuenti.
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