Abbiamo incontrato Dino Abbrescia ad un cocktail party di presentazione dell’ultima stagione di Squadra Antimafia. Dino nasce a Bari nel 1966, recita lungamente in teatro, per lo più con il Teatro dell’Elfo di Milano, per poi lavorare per il cinema e la televisione. Tra i suoi lavori per il grande schermo, impossibile non ricordare: LaCapaGira (2000), Il nostro matrimonio è in crisi, regia di Antonio Albanese, e L’anima gemella del regista pugliese Sergio Rubini, entrambi del 2002, Io non ho paura (2003), diretto da Gabriele Salvatores, Se devo essere sincera (2004) di Davide Ferrario, Manuale d’amore (2005) di Giovanni Veronesi, e 2061 – Un anno eccezionale (2007), regia di Carlo Vanzina. Lavora anche in varie fiction televisive, tra cui le sit-com Via Zanardi 33 e Camera Café, le miniserie tv Il giudice Mastrangelo, Il giudice Mastrangelo 2 e La figlia di Elisa – Ritorno a Rivombrosa.
Il 2008 lo vede impegnato come regista nella lavorazione di una serie di episodi per Mediaset, miniserie che va in onda nel 2009 con il titolo La scelta di Laura. Nel 2009 partecipa con il cortometraggio Uerra, che vede il debutto alla regia dell’attore Paolo Sassanelli.Nel novembre dello stesso anno, partecipa al film Cado dalle nubi con Checco Zalone, dove torna nuovamente ad interpretare la parte di Alfredo, il cugino omosessuale di Checco che vive a Milano.Nel 2010 e 2011 interpreta l’ispettore Pietro Esposito in Distretto di Polizia 10 e Distretto di Polizia 11. Dal 2013 entra a far parte del cast fisso di Squadra antimafia, dove interpreta il ruolo dell’ispettore Vito Sciuto. È fidanzato con la collega Susy Laude, conosciuta sul set de La scelta di Laura, dalla quale ha avuto un figlio, Nico, nato il 4 maggio 2009. Quando gli abbiamo rivolto la fatidica domanda “Quale libro hai in questo momento sul comodino?”, ci ha risposto così: “Sto leggendo Uccidi il padre ”.
La trama: un bambino è scomparso in un parco alla periferia di Roma. Poco lontano dal luogo del suo ultimo avvistamento, la madre è stata trovata morta, decapitata. Quando Colomba Caselli arriva sul luogo del delitto capisce che nella ricostruzione basata sull’eventuale responsabilità del marito c’è qualcosa che non va. Lavora in contatto con Dante Torre, esperto di persone scomparse. Da bambino Dante è stato rapito e cresceva chiuso dentro un silos, dove veniva educato dal suo unico contatto col mondo, il misterioso individuo che da Dante si faceva chiamare “Il Padre”. Adesso la richiesta di Colomba lo costringerà ad affrontare il suo incubo peggiore. Perché dietro la scomparsa del bambino Dante riconosce la mano del “Padre”. Dino consiglia vivamente il libro, sostenendo ce seppur complesso è pieno di sfumatore psicologiche e risvolti interessanti.
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