Monsignor Ligorio vuole riusare la chiesa della Trinità a Potenza. Lì nel 2010 fu rinvenuto il cadavere della 16enne Elisa Claps, scomparsa nel 1993.
Mai rimarginate, si riaprono dolorosamente, ancora una volta, le ferite del caso Elisa Claps. Il vescovo di Potenza, Salvatore Ligorio, sarebbe sul punto di riaprire al culto la chiesa cittadina della Trinità, dove il cadavere di Elisa fu ritrovato il 17 marzo del 2010, nascosto nel sottotetto dell’edificio, 17 anni dopo la scomparsa nel nulla della ragazza. Malgrado il dissequestro della chiesa, nel 2014, finora l’edificio è rimasto di fatto inaccessibile, contornato da impalcature nell’ambito di lavori di ristrutturazione.
Ma adesso, stando alla Gazzetta del Mezzogiorno, il capo della Chiesa potentina vorrebbe restituire ai fedeli la possibilità di andare a Messa alla Trinità. Una determinazione apparentemente innocua, che sta scatenando invece una ridda di polemiche. Potenza è divisa. E si è creata una spaccatura netta fra i favorevoli e i contrari. Tanto che chi sostiene il «no» ha già raccolto duemila firme. Anche i familiari di Elisa sono contrari e chiedono ancora, come continuano incessantemente a fare da oltre vent’anni, verità e giustizia. Ma c’è un altro motivo, netto e brutale: si vuole evitare un possibile, purtroppo, «turismo dell’orrore»; di chi cioè, per curiosità morbosa, o malintesa pietà, finirebbe col recarsi alla chiesa della Trinità attratto soltanto da quella spaventosa vicenda.
Come è noto il caso di Elisa Claps è uno dei maggiori della cronaca nera italiana degli ultimi trent’anni. Elisa, classe 1977, scomparve all’età di 16 anni, il 12 settembre 1993, a Potenza, la sua città. Nel corso delle indagini si fece strada l’ipotesi che l’adolescente fosse stata uccisa. Di lei però non si seppe più nulla fino al 2010, l’anno in cui, il 17 marzo, come dal niente fu rinvenuto il suo corpo senza vita nel sottotetto della chiesa della Trinità. Per l’omicidio di Elisa è stato condannato a 30 anni di carcere Danilo Restivo, all’epoca coetaneo della ragazza. Il giudizio sull’uomo è stato definitivamente confermato in Cassazione nel 2014.
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