Milan, Berlusconi lascia dopo 30 anni: la squadra diventa cinese

Firmato il contratto preliminare per la cessione del 99,93% del Milan a una cordata cinese. Il closing entro la fine dell’anno. Il club passa nelle mani della Sino-Europe Investment Management Changxing.

Anche il Milan, dopo l’Inter, passa alla Cina. L’accordo è stato raggiunto tra Fininvest, proprietaria del 99,93% delle quote dei rossoneri e una cordata d’investitori cinesi che versano 740 milioni (compresi i 220 milioni di debiti: ma le cifre non sono ancora state confermate) per acquistare tutte le azioni in mano alla holding della famiglia Berlusconi. Dopo l’intesa, le parti hanno firmato il preliminare di cessione del 99,93% delle quote, poi entro fine anno ci sarà il closing.

Come annunciato nelle ultime settimane, Berlusconi ha fatto aggiungere nel contratto precise clausole che assicurassero gli investimenti necessari per riportare subito il Mlan a essere competitivo in Europa: “Con l’accordo – si legge nel comunicato ufficiale – gli acquirenti si impegnano a compiere importanti interventi di ricapitalizzazione e rafforzamento patrimoniale e finanziario, per un ammontare complessivo di 350 milioni di euro nell’arco di tre anni, di cui 100 miloni da versare al momento del closing”. Gli investitori operano attraverso la management company Sino-Europe Sports Investment Management Changxing Co.Ltd. Delle compagine fanno parte fra gli altri Haixia Capital, fondo di Stato cinese per lo Sviluppo e gli Investimenti, e Yonghong Li, chairman della management company, che è stato fra i promotori del gruppo con cui Fininvest ha lungamente trattato fino alla fine. Assieme ad Haixia Capital e a Yonghong Li, acquisiranno quote dell’Ac Milan altri investitori, alcuni dei quali a controllo statale. Fra loro, società attive nel campo finanziario e altre impegnate in settori industriali.

La trattativa ha avuto un’accelerazione nelle ultime settimane, per consentire al Milan di poter operare sul mercato. Ne è prova l’acquisto del difensore paraguaiano Gustavo Gomez. All’operazione hanno lavorato le banche Lazard, Bnp Paribas e Rothschild, oltre agli studi legali Gianni Origoni, Grippo, Cappelli&partners nonché lo studio Chiomenti.

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