Almeno 131 jihadisti dell’Isis sono stati uccisi in un’operazione di due giorni condotta da forze di sicurezza nella provincia orientale afghana di Nangarhar
Ad annunciare l’esito dell’operazione è stato il governatore provinciale, Salik Khan Kunduzi. I jihadisti sono stati uccisi nel distretto di Kot dopo che vi era stato un attacco dell’Isis ad alcuni villaggi. Le forze afghane hanno lanciato raid aerei e terrestri contro covi dei terroristi da venerdì e le operazioni erano ancora in corso nella serata di sabato. 36 miliziani sono stati uccisi in scontri “faccia a faccia” mentre gli altri 95 sono rimasti vittima di incursioni aeree, ha precisato il governatore.
Questo, dopo poche settimane dalla decisione di Obama di aumentare i raid aerei contro i talebani in Afghanistan. Dopo qualche indecisione la casa Bianca si è convinta. Un’azione con il duplice intento di sostenere le forze locali, spesso in difficoltà, e contrastare gli insorti. Nel Paese oltre ai seguaci del defunto Mullah Omar, agiscono anche militanti che si sono schierati sotto lo stendardo dell’Isis.
Fino al dicembre 2015 l’amministrazione statunitense ha tenute regole di ingaggio strette, questo nell’intento di diminuire l’impegno in vista di un completo ritiro. Secondo le indicazioni date consiglieri del presidente i caccia potevano levarsi in volo in tre casi: un pericolo immediato per le unità statunitensi sul camp, quando i talebani appoggiano in modo diretto al Qaeda, nel caso di una minaccia strategica nei confronti di Kabul. Restrizioni che hanno fatto diverse eccezioni con l’uso di droni e a missioni delle forze speciali. Secondo un dato ufficiale oltre 100 nei primi tre mesi del 2016, con il 70-80% contro gli affiliati allo Stato Islamico. Molte le operazioni che hanno permesso di uccidere quadri islamisti, fino ad eliminare il capo dei talebani, Mansour. Non sono mancati neppure gli errori: il più grave ha visto l’ospedale di Khost centrato dai colpi di una cannoniera volante AC 130.
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