Dai tabulati forniti dal Cairo è stato dimostrato che il capo della banda criminale accusato di aver ucciso Giulio, il giorno del delitto era a 130 chilometri di distanza dalla capitale.
Svolta nel caso di Giulio Regeni, il ricercatore italiano assassinato al Cairo, la Procura di Roma sta preparando la terza rogatoria. Le carte consegnate agli investigatori italiani dagli inquirenti egiziani provano che c’è stato un depistaggio compiuto da Il Cairo. Il criminale della banda accusato dalle autorità egiziane di essere il responsabile della morte di Giulio secondo i tabulati erano a 130 chilometri di distanza il giorno dell’assassinio del ragazzo.
La pista della banda criminale non aveva convinto gli investigatori italiani sin dall’inizio e questa è stata la conferma. I cinque banditi sono rimasti uccisi in un conflitto a fuoco e non possono confermare l’omicidio. Secondo quanto riporta il Corriere della Sera, tra le carte inviate alla Procura di Roma dagli inquirenti egiziani c’è un elemento che confuta questa tesi. Il 25 gennaio, giorno della scomparsa di Regeni, infatti, il capo dei banditi si trovava a più di 100 chilometri di distanza da Il Cairo. Prova ne è il fatto che il telefono cellulare di Tarek Saad Abde El Fattah Ismail ha agganciato per tre volte (alle 16, alle 17.33 e alle 20.32) una cella dell’area di Awlad Saqr, regione a nord della capitale egiziana. Ciò significa che l’uomo non poteva essere né davanti alla casa del ricercatore friulano, né alle varie stazioni della metropolitana dove è possibile che Regeni sia stato rapito. Per la Procura di Roma è chiaro che la pista del delitto compiuto dalla banda sia solo una farsa costruita a tavolino dalle autorità egiziane e per questo motivo sta preparando la terza rogatoria.
Photo Credits: Twitter