La corte d’appello di Firenze ha confermato la condanna a 16 anni di reclusione per Francesco Schettino, l’ex comandante della nave Concordia.
Schettino non c’era nell’aula del Palazzo di giustizia di Firenze. L’ex comandante della nave Concordia non si è presentato in nessuna delle dieci udienze d’appello. La sentenza è uguale al primo grado: 16 anni e 1 mese di reclusione per Schettino, unico imputato per il naufragio della Costa Concordia davanti l’Isola del Giglio. L’incidente è accaduto il 13 gennaio 2012 e morirono 32 persone.
Donato Laino il difensore di Schettino ha dato la notizia della condanna all’ex comandante. “Vogliamo capire come mai la Corte è arrivata a confermare la condanna la sentenza non ha tenuto in conto le nostre argomentazioni“. Questo è stato il commento dell’avvocato. Soddisfatta invece l’accusa che però non rilascia nessuna dichiarazione come anche il sostituto procuratore generale Giancarlo Ferrucci. I pm di Grosseto, Alessandro Leopizzi e Maria Navarro, pubblica accusa al processo di primo grado, presenti a palazzo di giustizia di Firenze, si sono limitati a dire ai giornalisti di osservare la soddisfazione che avevano sul volto.
I processi di Schettino sono iniziati nel febbraio del 2015. La prima udienza lampo è del luglio 2013 qui vennero analizzati 100 faldoni e 56.000 pagine. Da quel giorno, dopo 71 udienze e circa 600 ore di dibattimento, con 180 testi e 18 periti, arrivò la sentenza pronunciata dal collegio del tribunale di Grosseto il 9 febbraio 2015 al Teatro Moderno. E ieri la conferma della condanna con i 16 anni di galera per Schettino.
La difesa ha provato a rimarcare anche la conseguenza sull’incidente dell’errore del timoniere indonesiano, Jacob Rusli Bin. L’elenco dei temi a cui si aggancia Schettino è sembrato corposo. La difesa inoltre in appello ha aperto la partita dell’incidente organizzativo, un approccio forse tardivo rispetto al primo grado, dove questo aspetto “che può tirare in ballo la compagnia in modo più articolato – faticò a uscire e rimase sottotraccia“. Temi che però nella valutazione del pubblico ministero non rilevano, non hanno caratteristiche di novità tali da far rivedere il giudizio.
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