La compagna di Raimondo Caputo, l’uomo accusato di aver abusato e poi ucciso la piccola Fortuna Loffredo ha tentato il suicidio nel carcere di Pozzuoli dove è stata carcerata.
Deve essere stato il rimorso, il pensiero di essere stata complice del mostro. Così la compagna di Raimondo Caputo, l’uomo accusato di aver ucciso la piccola Fortuna, ha preferito pensare di morire. Un tentato suicidio avvenuto nel carcere di Pozzuoli dove la donna è rinchiusa per essere stata complice del mostro che per anni ha abusato non solo di Fortuna, ma anche della figlia della sua compagna.
Una storia che sembra essere uscita da un film dell’orrore e invece è realtà. (LEGGI ANCHE: L’OMICIDIO DELLA PICCOLA FORTUNA. I MOSTRI COPERTI DALL’OMERTÀ DEGLI ADULTI) A raccontare agli inquirenti quello che succedeva all’interno del palazzo n 3 di Caivano (in provincia di Napoli) le tre figlie della donna. Le loro testimonianze sono state fondamentali per scoprire la rete di pedofilia.
Pisani, il legale della famiglia Loffredo, ha dichiarato che il tentato suicidio della donna è un gesto per confondere le acque. “Dietro questo tentativo di suicidio ci possono essere tre cause – spiega Pisani– o è un gesto di autolesionismo, a seguito delle denunce delle figlie; o ha capito che stiamo arrivando alla verità e ha paura che il compagno ceda. C’è poi la terza causa vuole confondere ancora più le acque e giocarsi la carta dell’incapacità di intendere e di volere. In tutti i casi abbiamo il dovere di andare avanti e di non fermarci a Caputo e alla sua compagna“.
La compagna di Caputo ha un ruolo fondamentale in questa vicenda. Ha preso parte all’incidente probatorio al tribunale di Napoli Nord, ad Aversa (Caserta), nel corso del quale le sue tre figlie hanno testimoniato sull’omicidio di Fortuna. Nel corso delle deposizioni sono venute fuori divergenze sul ruolo della donna: l’ipotesi della famiglia Loffredo è che anche lei sia coinvolta.
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