Il caso della piccola Fortunata, la bambina di Caivano (Napoli) abusata e uccisa da Raimondo Caputo, il suo vicino di casa, ha riaperto l’orrore della pedofilia in Italia.
Omertà. Questa è la parola che descrive la tragica storia della piccola Fortunata e degli altri bambini di Parco Verde di Caivano, Napoli. Ma questa volta gli inquilini del palazzo alto otto piano dell’isolato 3, da dove sono caduti prima il piccolo Antonio Giglio di tre anni e poi Fortunata Loffredo di sei, non vogliono coprire con il loro silenzio un boss della camorra, ma un’orco che per anni ha terrorizzato la vita dei bambini di Caivano. Un mostro, un pedofilo che si è macchiato di uno dei crimini più cruenti: approfittarsi dell’innocenza dei bambini.
Il mostro ora ha un nome e un cognome: Raimondo Caputo. Il compagno di Marianna, la mamma di Antonio, sarebbe stato lui ad abusare dei due bambini e poi a gettarli dal terrazzo del palazzo. Anche se gli inquirenti sono convinti che Caputo non sia l’unico mostro, a Caivano ci sarebbe una fitta rete di pedofili coperti dal silenzio delle persone. A parlare sono stati i bambini, i compagni di gioco di Fortunata e Antonio, hanno raccontato gli orrori della palazzina. Per arrestare l’orco ci sono volute 60 microspie e molti disegni dei bambini interpretati dagli psicologi. Nessuno nel palazzo ha parlato. Nessuno ha voluto smascherare l’orrore. Mimma, la mamma di Fortunata e i suoi parenti sono stati abbandonati dagli altri inquilini, lasciati soli con il loro dolore. Ecco cosa diceva Angela, la nonna del piccolo Antonio a sua nipote: “Non non devi raccontare il fatto. A tutte le domande devi rispondere: io non so niente.” Una lezione di omertà da imparare da subito. Per fortuna la piccola non ha dato retta alle parole della donna, la sua deposizione è stata fondamentale per incastrare Caputo. Ora si cerca di capire chi siamo gli altri complici.
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