Il vertice tra investigatori italiani e egiziani, sull’omicidio di Giulio Regeni è stato un fallimento. Dopo l’incontro, la collaborazione tra le autorità giudiziarie dei due paesi si è interrotta.
IL DOSSIER
Doveva essere di duemila pagine, c’era anche chi diceva tremila, il dossier redatto dagli inquirenti egiziani sulla tragica morte di Giulio Regeni (LEGGI QUI LA VICENDA), ma invece i magistrati italiani e i traduttori arabi, durante il vertice di ieri, sono rimasti sconcertati davanti alle 30 pagine presentate. Gli altri documenti erano tutti già stati analizzati e visti. Per questo motivo il vertice si è concluso in un paio di d’ore. L’Italia è il paese maestro degli insabbiamenti, delle false piste e non vuole prendere lezioni da nessuno, forse anche per questo il Governo italiano è deciso a prendere dei provvedimenti seri. Il primo è stato quello di richiamare l’ambasciatore italiano al Cairo, Maurizio Massari.
Ho richiamato a Roma per consultazioni il nostro ambasciatore in Egitto. Vogliamo una sola cosa: la verità su Giulio #Regeni
— Paolo Gentiloni (@PaoloGentiloni) 8 aprile 2016
“Vogliamo trovare gli assassini di Giulio Regeni, chiunque essi siano“. Aveva detto con l’enfasi di un attore drammatico, il Procuratore Mostafà Soliman. Invece tutto è stato una recita, un teatrino che come ultimo atto ha avuto la grottesca presentazione del famoso dossier. Trenta pagine scarse contenenti una parte dei tabulati telefonici tra Gennaro e Francesco e il verbale del ritrovamento del corpo di Giulio. Tutto inutile per gli investigatori italiani, tutto già visto. Il procuratore Giuseppe Pignatone armato di pazienza stoica, chiede quello che era stato promesso dalla Procura Generale Egiziana: i tabulati della cabina telefonica del quartiere di Dokki, da dove Giulio è scomparso il 25 gennaio. La risposta degli investigatori egiziani ha dell’assurdo, i tabulati non possono essere consegnati per ragione di privacy, questo in un paese dove non vengono rispettati i più elementari diritti civili, molto probabilmente i vertici egiziani alla privacy tengono molto e tirano in ballo un articolo della loro costituzione, il numero 57 che protegge con il segreto le comunicazioni dei cittadini. Ma non finisce qui. Per quanto riguarda il video della metropolitana di Dokki, che il 25 gennaio dovrebbe aver ripreso Giulio mentre saliva sulla metro, gli inquirenti egiziani dicono che è sovra scritto da altre immagini e per questo c’è bisogno di mandarlo in Germania. “E perché non è stato fatto in due mesi?” “Non c’è stato tempo.” Hanno risposto gli inquirenti egiziani, come un bambino delle elementari che si inventa una balla per non aver fatto i compiti.
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