Intervista esclusiva a Richard Barnes, braccio destro di Boris, sull’eventuale uscita dall’UE da parte del Regno Unito, che consiglia anche al nostro Paese
Secondo la sua opinione, perché il Regno Unito dovrebbe lasciare l’Unione europea? Quali benefici e quali rischi questa decisione porterebbe al paese?
ll costo per il Regno Unito per stare all’interno della comunità europea è di 55 milioni di pound, circa 70 milioni di euro. È una spesa considerevole, visto il tempo di austerity. È tutto denaro che potrebbe essere impiegato dentro il paese. Ma non è una questione meramente economica: è una questione di sovranità nazionale, di poter gestire autonomamente la nostra giustizia, controllare i nostri confini e decidere chi può abitarvi. Noi vogliamo essere un paese indipendente, che fa parte dell’Europa, ma non vogliamo essere guidati da una burocrazia che decide sopra i bisogni della nostra nazione. Noi non consentiremo a Bruxelles di decidere sopra le sorti del nostro paese, come già successo in Grecia, in Spagna e in Italia
“Nessun uomo è un’isola” parafrasando il poeta inglese John Donne. In riferimento alla storia del paese, non pensa che sarebbe meglio per il regno unito rimanere nella comunità europea e assumere un ruolo guida, specie per affrontare con più decisione il grande problema del terrorismo?
Non credo che il Regno Unito debba avere un ruolo di leadership quanto di collaborazione con gli altri stati membri, specie nella lotta al terrorismo. Significativi passi in avanti sono stati fatti grazie alla rete anti terrorismo che abbiamo messo insieme con l’Interpol, Europol e altri paesi come usa Russia, Israele Pakistan india, nel tentativo di proteggerci da questa minaccia comune.
Ascoltando gli ultimi sondaggi, il popolo britannico sembra diviso riguardo questa decisione. potrebbe il referendum provocare una crisi di governo?
Certamente il referendum dividerà la nazione e le previsioni dicono che la metà è favorevole mentre l’altra metà contraria. Già il governo si è diviso sulla questione e nove parlamentari hanno aderito alla campagna ” out/leave campaign”. Ma d’altronde siamo una democrazia e anche i parlamentari hanno il diritto di esprimere le loro idee. Una volta che il referendum sarà fatto, rimarremo comunque sempre nella nostra identità di Regno Unito.
Quale futuro si aspetta per la comunità europea? Perché l’Europa Unita incontra così tante difficoltà nel suo percorso di crescita? che tipo di Europa sogna?
Nel 1974 ho votato a favore dell’unione economica europea, il più ricco mercato di libero scambio nel mondo, il più illuminato. Non credo ad una federazione di stati uniti europei dove pochi paesi comandano sugli altri, vessandoli con alti tassi di interesse e ricatti. Basta guardare a cosa è successo in Spagna in Grecia e in Italia. Le economie del Nord Europa e del Sud Europa sono profondamente differenti e chiedono un approccio differente, non una regola valida per tutti. Il Regno Unito è fuori dall’ euro zona ed il tasso di disoccupazione sotto il 5,3 per cento parla da solo. Io spero che la comunità europea possa riconoscere che la propria forza è il riconoscimento delle differenze e ricchezze nazionali. Noi possiamo e dobbiamo lavorare per avere un paese più libero e aperto. Basti pensare che Londra è la quarta città “francese” più grande con 350 000 francesi che vivono e lavorano qui. Anche la comunità italiana è ben nutrita con 56000 persone del bel paese che vivono e lavorano qui. Io penso che possiamo e dobbiamo lavorare insieme ma bisogna vigilare su chi viene e cosa viene a fare
Lei sarebbe favorevole ad una uscita anche dell’Italia dall’Unione Europea?
Io penso che l ‘eventuale uscita del Regno Unito possa essere un ulteriore stimolo di riflessione anche per il l’talia. Penso che anche gli italiani debbano avere il diritto di esprimere la loro opinione tramite un referendum.
In poche parole dottor Barnes, ci speghi in che cosa il popolo inglese sarebbe così diverso dal continente europeo? E se voi non siete europei, in realtà cosa siete?
Mi viene spesso fatta questa domanda sulla mia nazionalità. Anche se parlo sei lingue europee, rispondo sempre: sono in primo luogo un inglese, poi un britannico ed infine un europeo. Non ho mai sentito dire da un italiano “io sono europeo” la vostra arte la vostra cultura la cucina, vi differenziano dagli altri, e non potete certo dire di essere simili ai polacchi o agli ungheresi. È la stessa cosa per noi britannici: noi siamo fieri della nostra cultura, del nostro modo di vivere, della nostra politica e del nostro parlamento. Il nostro sistema politico e la liberazione dalla tirannia risalgono alla Magna Charta del 1215. Anche due guerre mondiali hanno acuito il nostro bisogno e la nostra esigenza di libertà e indipendenza. Mio nonno ha combattuto nella prima guerra mondiale, mio padre nella seconda; io cerco di combattere con le parole e di rivendicare e protegge ciò che è importante per me: fare in modo che la nostra libertà non venga intaccata ed erosa da una concezione burocratizzata di stato che è profondamente diversa dalla mia.
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