Con la scomparsa di Umberto Eco, perdiamo un gigante della cultura, con una vita alla luce della sapienza e ricca d’insegnamenti
Umberto Eco è stato un filosofo, critico, saggista, scrittore e semiologo di fama internazionale. Nato ad Alessandria il 5 gennaio 1932, si laurea nel 1954, all’età di 22 anni, presso l’Università di Torino, con una tesi sul pensiero estetico di Tommaso d’Aquino, che verrà poi pubblicata come un volume autonomo, e sarà forse per questo che con un pizzico d’ironia ma di verità, disse a proposito: “Fare una tesi significa divertirsi e la tesi è come il maiale, non se ne butta via niente“.
La sua carriera inizia presso i servizi culturali della Rai, dove scrive un saggio-stroncatura di Mike Bongiorno, dal provocatorio titolo “Fenomenologia di Mike Bongiorno“. A cavallo degli anni ’60 riceve la cattedra di Lettere e Filosofia presso l‘Università di Milano, per poi passare alla Facoltà di Architettura dell’Università di Firenze ed infine presso la Facoltà di architettura del Politecnico di Milano. Amante della lettura, la considerava una vera macchina del tempo tanto da arrivare a dire: “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è un’immortalità all’indietro”, ma anche elisir di lunga vita: “La lettura è un’immortalità all’indietro”. Durante questo decennio, d’impegno e delle avanguardie artistiche, aderisce al Gruppo 63, (una corrente a cui aderirono moltissimi altri nomi come Antonio Porta, Nanni Ballestrini, Edoardo Sanguinetto, Alfredo Giuliani, Francesco Leonetti e Angelo Guglielmi) e nel 1962 arriva scrive un capolavoro della semiologia, l’ultra-adottato “Opera aperta“, un testo fondamentale per capire le evoluzioni della scienza dei segni.
Lavora inoltre presso la Casa Editrice Bompiani, fino a quando non viene nominato professore di Semiotica all’Università di Bologna, che lo porterà a distinguersi in questo campo, e intorno agli anni 1976-77 e 1980-83 dirige l’Istituto di Discipline della Comunicazione e dello Spettacolo, presso l’Università di Bologna. Nel 1989 viene nominato presidente dell’International Center for Semiotic and Cognitive Studies, e nel 1994, presidente onorario dell’International Association for Semiotic Studies, proprio per la sua dedizione di ricerca nella semiotica. Divenuto presidente della Scuola superiore di Studi Umanistici presso l’Università di Bologna nel 1999, collabora con l’ Unesco, con la Triennale di Milano, con l’Expo 1967-Montreal, con la Fondation Européenne de la Culture, e con molte altre organizzazioni, accademie, e testate editoriali nazionali ed internazionali.
Numerose sono anche le testate giornalistiche con cui collabora, come i quotidiani («II Giorno», «La Stampa», «Il Corriere della Sera», «La Repubblica», «Il Manifesto»), i settimanali («l’Espresso»), e i periodici artistici ed intellettuali («Quindici», «Il Verri», ed altri). A proposito di giornalismo non possiamo non ricordare come definiva la figura del giornalista “Il giornalista è uno storico del presente, ma non sempre i buoni libri di storia si scrivono in un giorno, spesse volte in un’ora, spesse volte in un minuto”.
Premiato da numerose università di tutto il mondo, Umberto Eco riceve titoli ed onorificenze ad honoris causa, viene ricordato per le sue massime di profondo spessore culturale, per i suoi contributi alla comunicazione (si è sempre battuto per la carta stampata) e peri i suoi romanzi come il celeberrimo “Il nome della rosa“, “Il pendolo di Foucault”, “L’isola del giorno prima“, “Baudolino”, “La misteriosa fiamma della regina Loana“, “Il cimitero di Praga” e “Numero Zero“.
Le opere di Umberto Eco, che muore il 19 febbraio 2016 dopo che un tumore lo aveva colpito due anni prima, sono opere che rimarranno come un tesoro e patrimonio indiscusso della cultura italiana per le generazioni correnti e future. La sua vita è un vero e proprio esempio, di vocazione alla cultura e al sapere, un sapere però sempre orientato e finalizzato all’altro, che emana fecondità pensante e che giustamente da filosofo quale era sposa l’invito di Kant nel trattare l’umanità sempre come fine e mai come mezzo. Con la sua morte abbiamo sì perso un gigante della cultura, ma rimarrà comunque un grande esempio che continuerà ad interpellarci e a spingerci verso il sapere anche grazie ad uno dei suoi insegnamenti più grandi come quando disse: “Si nasce sempre sotto il segno sbagliato e stare al mondo in modo dignitoso vuol dire correggere giorno per giorno il proprio oroscopo”.
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