Poco meno di una settimana fa venivano recapitati dei documenti alla divisione americana della Volkswagen che avrebbero poi creato l’effetto di un terremoto mediatico e non: il caso ribattezzato Dieselgate. La Casa tedesca è infatti accusata di aver utilizzato software e dispositivi che avevano il fine di eludere i test di inquinamento e truccare i risultati delle emissioni delle automobili immesse sul mercato.
Le indagini sono partite dall’International Council on Clean Transportation, un gruppo di ricerca privato, che ha svolto una serie di studi sulla discrepanza tra i test di laboratorio su alcuni veicoli diesel Volkswagen rispetto ad altre prove effettuate su strada. Lo studio ha coinvolto poi i ricercatori della West Virginia University, che hanno scoperto che alcuni modelli della casa tedesca emettevano quantità di ossidi di azoto 35 volte superiori ai limiti di legge. In seguito a quei risultati, nel maggio del 2014 l’agenzia federale statunitense per la protezione dell’ambiente (EPA) ha chiesto a Volkswagen spiegazioni e soluzioni. La casa automobilistica ha recepito la segnalazione comunicando a sua volta di aver ovviato al problema, ma nei mesi successivi altri test hanno portato alla luce ulteriori incongruenze nei dati, facendo scattare nuovi controlli da parte dell’EPA.
Risultato? Sarebbero 482mila le vetture diesel a marchio Volkswagen e Audi coinvolte soltanto nel mercato americano. A livello mondiale Bloomberg stima che gli esemplari “non a norma” ammonterebbero a 11 milioni. Una cifra enorme che, secondo uno studio della testata inglese The Guardian, potrebbe rendere responsabile Volkswagen di emissioni inquinanti stimate tra le 230mila e le 950mila tonnellate all’anno. L’impatto dell’ossido di azoto, rileva il giornale, potrebbe essere molto più elevato in Europa, dove quasi la metà delle auto sono diesel rispetto alla bassa percentuale americana.
La notizia ha provocato un crollo in borsa delle azioni della società tedesca, ripercuotendosi sul mercato azionario delle automobili. Il governo tedesco inizialmente accusato, smentisce tramite il proprio ministero dei Trasporti di essere stato a conoscenza del dispositivo usato da Volkswagen per manipolare i controlli dei gas di scarico negli Usa. Lucia Caudet, portavoce dell’ Unione Europea per il mercato interno ha dichiarato: “La Commissione ha tolleranza zero per le frodi. Incoraggiamo tutti gli Stati membri a compiere le necessarie indagini e a riferire. Accogliamo con favore le indagini avviate in Germania, Francia e Italia”, sottolineando che Bruxelles era al corrente che i test in laboratorio sulle emissioni auto potevano non fornire una rappresentazione accurata come quelle in condizioni di guida reali: per questo dal gennaio 2016 si passerà ai test su strada.
Intanto a Wolfsburg, quartier generale Volkswagen, si parla di accantonare 6,5 miliardi di euro nel terzo trimestre per coprire i probabili costi relativi alla vicenda delle emissioni. L’amministratore delegato Martin Winterkorn sta affrontando i controlli per spiegare come sia stato possibile far precipitare la casa tedesca nel più grande scandalo della sua storia, lunga quasi 80 anni.
Il ministro dell’Ambiente italiano Gian Luca Galletti ha dichiarato:”Se si verificherà che anche in Europa è accaduta la stessa cosa accaduta negli Usa, le conseguenza non potranno che essere le stesse. Cioè la sospensione delle vendite delle vetture modificate da Volkswagen. Non ho ancora avuto risposta dall’Amministratore delegato di Volkswagen Italia cui ho mandato ieri una lettera per avere chiarimenti. Noi dobbiamo avere su questo argomento un comportamento unitario a livello europeo, specie sui controlli che non si sono rivelati all’altezza di quelli americani. Senza mettere regole inapplicabili o che danneggino i mercati, ma che siano rispettate da tutti“.
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