Fino al 2005 Giusy Versace ha condotto un’esistenza da privilegiata. Bella, appartenente a una nota famiglia, aveva un buon lavoro e un universo in cui tutto sembrava filare liscio. Poi c’è stato quel terribile incidente automobilistico sulla Salerno-Reggio Calabria, a causa del quale ha perso entrambe le gambe. La fine di tutto, il buio fitto e improvviso? Macchè. La Versace ha tirato fuori una grinta da leone e ha cominciato una vita nuova di zecca, stavolta basata principalmente sulla forza dell’amore. Con le sue protesi in carbonio è diventata atleta paralimpica, ha ripreso a guidare, ha trovato l’amore. Inarrestabile, insomma. E qualche mese fa ha pure trionfato sul palco del talent Ballando con le stelle, scoprendo di avere un grande talento per la danza e trovando il coraggio di rimettersi le scarpe coi tacchi. Le soddisfazioni – o le rivincite, che dir si voglia – non sono finite qua. E’ fresca la notizia secondo cui l’Anas (Azienda nazionale autonoma delle strade) dovrà risarcirla per un totale di 1,5 milioni di euro.
Così ha stabilito infatti il Tribunale di Roma in seguito alla causa fatta dalla stessa Versace. Durante lo schianto un guard rail entrò nell’abitacolo dell’auto guidata dalla Versace e proprio così entrambi i suoi arti inferiori furono amputati. E’ stata lei stessa a diffondere la sentenza, senza nascondere una certa amarezza: “Non esiste – ha detto – alcun risarcimento che potrà mai restituirmi le gambe e cancellare questi ultimi 10 anni nei quali, con tanto dolore, ho cercato di reinventarmi una nuova vita, guardare avanti e superare tutte le difficoltà fisiche e psicologiche che questa nuova condizione mi ha posto. E’ vero, sono diventata un simbolo di forza e coraggio, ma sono in pochi a sapere che dietro al mio sorriso si celano ferite profonde e indelebili“.
Poi ha deciso di puntare il dito contro l’atteggiamento assunto dall’Anas nel corso di questa vicenda: “Purtroppo, quello che sono diventata, le vittorie che ho conquistato nell’atletica e l’atteggiamento positivo con cui mi rivolgo alla gente, mi è stato molto spesso rinfacciato da Anas in fase processuale“. E’ come se all’inizio le avessero concesso soltanto il diritto di piangere e abbattersi, “e invece in questi anni ho capito che piangersi addosso non porta da nessuna parte, mentre aiutare gli altri e porsi nuovi traguardi mi ha dato la forza per rialzarmi. Oggi posso solo ritenermi soddisfatta del fatto che finalmente è stata riconosciuta una colpa che spero possa, in futuro, evitare ad altri quello che è successo a me“.
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