Il blitz della polizia alla scuola Diaz la notte del 21 luglio 2001, durante il G8 di Genova, “deve essere qualificato come tortura“. Lo ha stabilito la Corte Europea di Strasburgo che ha condannato l’Italia non solo per quanto commesso nei confronti di uno dei manifestanti, ma anche per la mancanza di una legislazione adeguata a punire il reato di tortura.
La Corte Europea per i diritti dell’Uomo ha dichiarato all’unanimità, quattordici anni dopo i fatti, che lo Stato italiano ha violato l’articolo 3 sul “divieto di tortura e di trattamenti inumani o degradanti“. Gli agenti responsabili dei pestaggi non sono stati incriminati per il reato di tortura, perché in Italia vi è un “vuoto giuridico” e la “mancanza di leggi adeguate”. In altre parole, in Italia il reato di tortura non esiste come fattispecie all’interno del codice penale.
L’Ansa riporta così la notizia:
La Corte europea dei diritti dell’ uomo ha condannato l’Italia sulla base del ricorso presentato a Strasburgo da Arnaldo Cestaro, una delle vittime della perquisizione alla scuola Diaz avvenuta il 21 luglio 2001, alla conclusione del G8 di Genova. Nel ricorso, l’uomo, che all’epoca dei fatti aveva 62 anni, afferma che quella notte fu brutalmente picchiato dalle forze dell’ordine tanto da dover essere operato, e da subire ancora oggi ripercussioni per alcune delle percosse subite. Cestaro, rappresentato dall’avvocato Nicolò Paoletti, sostiene che le persone colpevoli di quanto ha subito sarebbero dovute essere punite adeguatamente ma che questo non è mai accaduto perché le leggi italiane non prevedono il reato di tortura o reati altrettanto gravi. Oggi i giudici della Corte europea dei diritti umani gli hanno dato pienamente ragione.
–
Non solo hanno riconosciuto che il trattamento che gli è stato inflitto deve essere considerato come “tortura”. Nella sentenza i giudici sono andati oltre, sostenendo che se i responsabili non sono mai stati puniti, è soprattutto a causa dell’inadeguatezza delle leggi italiane, che quindi devono essere cambiate. Inoltre la Corte ritiene che la mancanza di determinati reati non permette allo Stato di prevenire efficacemente il ripetersi di possibili violenze da parte delle forze dell’ordine.
Alla notizia della sentenza, Giuliano Giuliani, padre di Carlo, il ragazzo ucciso durante gli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine quel 21 luglio, dichiara: “Meno male che almeno su questo la Corte Europea non ha fatto altro che riconoscere la sentenza della Cassazione. Posso solo esprimere un giudizio di soddisfazione per il fatto che la Corte abbia riconosciuto che l’Italia aveva toccato il fondo“.
Foto by Twitter