È al Nazareno, sul tema specifico dell’Italicum, che si gioca la reputazione e il futuro del Pd e del governo Renzi. Il premier ha affrontato il suo partito chiedendo un voto favorevole per la riforma elettorale così come uscita dal Senato, senza ripensamenti. “No a ritocchi e ricatti. Entro il 27 aprile – scandisce il Segretario Pd – la legge elettorale deve essere in aula e a maggio dobbiamo mettere la parola fine: è giunto il momento di decidere, sono contrario a ritoccare il testo”.
Tira dritto per la sua strada Matteo Renzi, pronto a usare la fiducia se necessario. Lancia ai suoi una sorta di prendere o lasciare: “O mi approvate l’Italicum senza modifiche o si va al voto”. E la direzione del Pd (a stragrande maggioranza renziana) ha “dovuto” esprimere con un risultato unitario (120 voti) il sì all’Italicum: posizione di distacco invece per la Sinistra Dem che si è astenuta dal voto. Molto rigide le parole di Renzi nel discorso introduttivo dell’incontro: ha imposto che si fermassero le polemiche e le rivisitazioni dell’Italicum, chiedendo anche una maggior apertura sulle riforme istituzionali.
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Il risultato, pur se unanime, ha espresso gravi sintomi di rottura all’interno del partito. Era stato inizialmente incerto l’atteggiamento della minoranza, contraria a votare il testo senza modifiche: Giuseppe Civati aveva chiesto di intervenire in ordine sparso. Pur non trovando il consenso dei colleghi riesce ad ottenere l’astensione, nessun esponente della Sinistra Dem ha, infatti, partecipato al voto in direzione.
Dopo lo scontro di ieri sulla legge elettorale, non sono mancate anche le parole del bersaniano Alfredo D’Attorre che ha dichiarato che “a questo punto meglio votare con il Consultellum“ (il proporzionale uscito dai rilievi della Consulta sull’attuale legge elettorale) che con l’Italicum. Ha poi aggiunto: “Se io devo consentire una cattiva riforma elettorale e una cattiva riforma costituzionale meglio andare al voto con il sistema proporzionale“.
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