Grande festa a Roma: finalmente la vera pajata può tornare sulle tavole degli italiani dopo ben quattordici anni di assenza. Ricordate perché questo piatto è stato vietato fino ad oggi? E’ composto dall’intestino tenue del vitellino da latte o del bue e quando nel 2001 è scoppiato il caso della “mucca pazza” l’Unione Europea ha ritenuto proprio questi organi a rischio. Ora però i problemi fanno solo parte del passato. Il regolamento è stato modificato ieri, martedì 17 marzo: “Un risultato importante – ha dichiarato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo – per consumatori, ristoratori, cuochi, macellatori e allevatori che oltre ad avere rilevanza sul piano gastronomico ha anche effetti su quello economico con la valorizzazione dell’allevamento italiano in un difficile momento di crisi. Determinante l’impegno del ministero della Salute“.
La pajata è il termine romanesco per definire la prima parte dell’intestino tenue del vitello da latte (non privato del chimo in modo tale che possa dare forma ad una salsa di sapore forte ed acre) e che fino ad oggi nei ristoranti è stato sostituito dall’intestino dell’agnello. Insomma, negli ultimi anni abbiamo mangiato una rivisitazione del piatto, ma non quello originale. La preparazione classica della pajata prevede quindi i rigatoni al sugo, ma può essere consumata anche come secondo piatto cucinato al forno, in umido o alla brace.
“E’ l’ingrediente principale – ha continuato – di uno dei piatti più tipici della cultura gastronomica della capitale: i rigatoni con la pajata ma in alternativa può essere proposta alla brace, in forma di spiedino“. E’ stato modificato l’elenco degli organi a rischio, mettendo così fine ad un divieto doloroso per tutti gli amanti di questa pietanza. Anche perché già dal 2009 non si registrano più casi mucca pazza tra bovini in Italia. “L’Italia – ha concluso – con Giappone, Israele, Olanda, Slovenia e Usa, fa parte della ristretta cerchia di 19 Paesi, sui 178 aderenti all’Oie, che hanno raggiunto la qualifica sanitaria migliore di rischio ‘trascurabile’ per la mucca pazza (Bse)“.