Da ormai quasi venti anni, le spiagge olandesi ospitano creature strane e uniche: enormi scheletri tubolari, dai movimenti quasi umani ma con un’anima di plastica e alimentati esclusivamente dal vento.
Gli Strandbeest, letteralmente “animali della spiaggia”, nascono dalla mente geniale di Theo Jansen, uno scultore cinetico che, con l’accuratezza di un ingegnere e la precisione di un biologo, si è inserito in quella zona indeterminata in cui arte e scienza si intersecano, ricreando insospettabili forme di vita.
Le sculture cinetiche di Jansen, con sembianze aliene e spesso ispirate alla natura preistorica, sono realizzate con tubi di plastica gialli e flessibili in PVC – quelli che sono solitamente usati per il cablaggio degli impianti elettrici – nastro adesivo, elastici e fascette serrafili, ma anche bottiglie riciclate e bastoncini di legno.
A far muovere queste strane sculture ci pensa madre natura: l’energia propulsiva è infatti attinta dal vento.
Sulla cima dello scheletro degli“animali da spiaggia”, almeno su quelle dei primi prototipi, James posiziona delle «ali», la cui attivazione da parte del vento genera un movimento laterale che fa muovere le strane creature con l’andatura tipica del granchio.
In un secondo momento e per permettere l’autonomia cinetica anche in assenza di brezza, le creature vengono dotate di stomaco, muscoli e cervello. Lo stomaco, e più spesso gli stomaci, costituiti da semplici bottiglie di plastica, fungono da veri e propri serbatoi di energia eolica che, sotto forma di aria compressa, viene generata da pompe per bicicletta sapientemente collocate nella struttura.
I muscoli prendono vita grazie al movimento di distensione e contrazione di due pistoni pneumatici attivati dal flusso dell’aria immagazzinata nelle bottiglie. I “muscoli possono aprire i tappi delle bottiglie per attivare altri muscoli che aprono altri tappi e così via. Questo dà vita a centri di controllo che possono essere paragonati a cervelli”, commenta Jansen sul suo sito.
Negli ultimi anni, al Labatory Ypernburg, il laboratorio –cava di sabbia, Jansen ha dotato le sue “figlie” di elementari abilità percettive che, tramite semplici sensori realizzati con gli stessi materiali, hanno permesso loro di adattarsi e modificare il proprio comportamento sulla base dell’ambiente esterno.
Sarebbe facile incontrare una creatura cinetica correre liberamente e autonomamente sulla spiaggia, in grado di evitare di essere bagnata dalle onde sulla battigia, sicura nell’affrontare le dune e le forti folate di vento, proprio come uno dei nostri animali domestici saprebbe fare. Il nesso non è solo evocativo ma pone l’accento su come le gambe delle creature richiamino il movimento di una “zampa” meccanica, ed il cui studio sia stato una delle questioni più spinose affrontate da Jansen.
Ad oggi, si possono contare quasi 30 Strandbeest, e anche se non sono dotate di pelle, o di mantello di peli morbido da accarezzare, o di occhioni languidi ed emozionanti, non possono che essere considerate creature viventi. Cucciolotte di vari0 peso che, un giorno, forse, impareranno anche a pensare.
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