Bracciante vittima del caporalato morì di fatica: sei arresti ad Andria

Paola Clemente, 49 anni, morì nelle campagne pugliesi nel 2015 distrutta per le brutali condizioni di lavoro del caporalato. Ogni notte si spostava da casa di 300 chilometri per cominciare a lavorare alle 5 del mattino. Era pagata 2 euro all’ora. 

Lotta senza tregua al caporalato, il sistema di brutale schiavismo sul lavoro che ancora esiste nelle campagne italiane. Malgrado la legge approvata pochi mesi fa – che tra l’altro prevede fino a sei anni di reclusione per chi si rende colpevole del reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro – questo triste fenomeno continua a essere piuttosto diffuso sul nostro territorio, specie al Sud. Nella serata di ieri 22 febbraio, ad Andria in Puglia, sei persone sono finite in manette a seguito di una operazione della Polizia di Stato, in collaborazione con la Guardia di Finanza.

GLI ARRESTATI

In carcere, spiega Repubblica.it, sono finiti Ciro Grassi, il titolare dell’azienda di trasporti tarantina che trasportava in pullman le braccianti fino ad Andria; il direttore dell’agenzia Inforgroup di Noicattaro, Pietro Bello, per la quale la signora lavorava; il ragioniere Giampietro Marinaro e il collega Oronzo Catacchio. Stessa sorte anche per Maria Lucia Marinaro e la sorella Giovanna (quest’ultima ai domiciliari). La prima è la moglie di Ciro Grassi, indagata per aver fatto risultare giornate fasulle di lavoro nei campi con lo scopo di intascare poi le indennità previdenziali, e la seconda avrebbe lavorato nei campi come capo-squadra.

PER ORE SOTTO IL SOLE PAGATA DUE EURO

Gli ordini restrittivi sono arrivati al termine delle indagini avviate dalla Procura di Trani all’indomani della morte della bracciante agricola Paola Clemente, 49 anni, di San Giorgio Jonico, in provincia di Taranto, avvenuto nelle campagne di Andria il 13 luglio 2015. La donna lavorava nei campi ed era addetta alla cosiddetta acinellatura dell’uva. E ogni notte si alzava e percorreva 300 chilometri per raggiungere Andria alle 5 del mattino e lavorare fino al primo pomeriggio sotto un sole cocente per circa due euro all’ora. Paola Clemente, che soffriva di problemi cardiopatici, morì a causa di un infarto dovuto all’enorme fatica per le spaventose condizioni di lavoro a cui era costretta. Morì nei campi, mentre lavorava.

IL MARITO: “NON VENDETTA MA GIUSTIZIA”

Questa tragica vicenda è stata ricordata appena pochi giorni fa a Taranto nell’assemblea della Cgil pugliese presente anche il segretario generale del sindacato Susanna Camusso. In quell’occasione a Taranto era presente anche il governatore della Puglia, Michele Emiliano. “Io non cerco vendetta, voglio solo che ci sia giustizia e verità sul caso di Paola – ha dichiarato Salvatore Arcuri, marito della Clemente -. Mia moglie era una grande lavoratrice, ogni mattina si alzava alle due meno dieci ed io continuo a tenere il suo telefono acceso: ogni giorno alla stessa ora la sveglia continua a suonare. Vorrei che quest’iniziativa non sia solo un ricordo ma che davvero possa esserci un cambiamento per tutti i lavoratori agricoli, tanti sono quelli che soffrono e molti sono gli sfruttati”.

ALTRO ARRESTO A LATINA

Sul caso, intanto, indagano i Carabinieri. Un arresto è avvenuto nelle ultime ore anche nelle campagne pontine. Un indiano, di 36 anni, aveva messo in piedi un vero sistema di caporalato, attraverso il quale “gestiva” almeno 30 connazionali, per i quali decideva condizioni di lavoro anche di 12 ore al giorno senza riposi settimanali e senza ferie e ai quali estorceva somme di denaro dietro minaccia di perdere il lavoro. L’indagine si inserisce nel più ampio contesto dei controlli predisposti dalla Questura di Latina contro il lavoro nero e il caporalato, con particolare riferimento alle campagne pontine e allo sfruttamento di immigrati.  Alle attività di indagine della Squadra mobile hanno collaborato circa dieci degli oltre 30 lavoratori indiani impiegati dall’azienda, che hanno denunciato le condizioni di vita e di lavoro che erano costretti a subire.

n carcere sono finiti Ciro Grassi, il titolare dell'azienda di trasporti tarantina che trasportava in pullman le braccianti fino ad Andria; il direttore dell'agenzia Inforgroup di Noicattaro, Pietro Bello, per la quale la signora lavorava; il ragioniere Giampietro Marinaro e il collega Oronzo Catacchio. Stessa sorte anche per Maria Lucia Marinaro e la sorella Giovanna (quest'ultima ai domiciliari). La prima è la moglie di Ciro Grassi, indagata per aver fatto risultare giornate fasulle di lavoro nei campi con lo scopo di intascare poi le indennità previdenziali, e la seconda avrebbe lavorato nei campi come capo-squadra.
Paola Clemente, bracciante morta nei campi, e il marito

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