Giuseppe Guerrera e Numa Cellini per la Giornata del Sollievo

Il Policlinico Gemelli di Roma ha ospitato la XV Edizione della Giornata del Sollievo organizzata dalla Fondazione Nazionale Gigi Ghirotti. All’evento hanno partecipato personalità di spicco del campo medici e del mondo dello spettacolo.

Si è svolta oggi al Policlinico Gemelli di Roma la XV Edizione della Giornata del Sollievo, organizzata dalla Fondazione Ghirotti. Molti ospiti illustri sono intervenuti a portare il loro contributo alla nobile causa della Fondazione, che si pone come obiettivo favorire il miglioramento della qualità della vita della persona malata di tumore e dei suoi familiari e promuovere una nuova coscienza civile che consideri il malato un cittadino a tutti gli effetti e una persona degna di rispetto.

La Fondazione Nazionale Gigi Ghirotti, già Comitato Gigi Ghirotti, nasce il 5 maggio 1975 – a meno di un anno dalla scomparsa del grande giornalista di cui porta il nome, colpito dal linfoma di Hodgkin nel 1972 e morto nel 1974 – con lo scopo di mantenere viva la sua vicenda umana e di diffondere l’impegno a favore dei malati.

La Fondazione è presieduta da Emilio Carelli e vanta nel suo Comitato d’Onore Umberto Veronesi, Bruno Vespa, Franco Mandelli, Alberto Sinigaglia, Piero Angela, Carlo Sampietro. Tra i membri del suo Comitato Esecutivo Giuseppe Guerrera, Segretario Generale, e il Prof. Numa Cellini, Presidente Esecutivo, che, in occasione di questa XV Edizione hanno rilasciato delle dichiarazioni molto significative sulle attività e sui progetti della Fondazione.

Dott. Giuseppe Guerrera, come nasce questa l’iniziativa al Policlinico Gemelli?

La manifestazione di oggi al Policlinico Gemelli è l’evento centrale tra le 200 iniziative che contemporaneamente si svolgono sul territorio nazionale sotto l’insegna della Giornata del Sollievo, giunta ormai alla XV Edizione. La Giornata del Sollievo fu ideata nel 2001, su proposta della Fondazione Ghirotti, dal Prof. Umberto Veronesi, Ministro della Salute, che volle dare una testimonianza di vicinanza a tutta la popolazione malata, nell’intento di sensibilizzare operatori sanitari, volontari e familiari circa l’importanza di stare accanto ad una persona che soffre nel momento di maggiore fragilità in cui si può trovare sola e abbandonata. Gigi Ghirotti, giornalista de La Stampa, prima di morire, scrisse la sua testimonianza del lungo viaggio nel tunnel della malattia, un libro meraviglioso che consiglio a tutti di leggere, in cui ha lasciato un importante messaggio: Sia durante la vita, sua dinnanzi alla morte, l’importante e non sentirsi abbandonati e soli.

Come vengono attuate le iniziative del sollievo nel quotidiano?

Partono dalla carezza, dallo sguardo, dall’offrire un fiore, come abbiamo fatto qui al Gemelli. È molto importante accompagnare una persona ammalata e non lasciarla sola, per evitare il moltiplicarsi della sua angoscia, per dare sostegno psicologico e quel sollievo globale che non è solo nella terapia, ma nell’ascolto dei bisogni del paziente. Tutti noi potremmo ammalarci da un momento all’altro, passare da una parte all’altra è un diaframma quasi invisibile, l’importante è ricordarsi la dignità della persona, che è tale fino alla fine dei suoi giorni e, come tale, va rispettata.

I volontari si affiancano all’equipe medica dunque?

Le associazioni di volontariato sono la fonte primaria da cui attinge proprio il concetto di stare accanto ad una persona ammalata. La responsabile del volontariato per la Fondazione Ghirotti è Marinella Cellai, ha 81 anni di cui 36 trascorsi in hospice, uno dei luoghi più cruciali della fine vita di una persona, ma non ha mai perso il suo sorriso, che è il sorriso di tutti i volontari che si adoperano per portare sollievo. Il volontariato è un supporto straordinario ed essenziale che può integrare il processo di cura e i protocolli medici e io non smetterò mai di ringraziare tutti i volontari.

Cosa vuol dire essere ammalato oggi in Italia?

Vuol dire trovarsi ad affrontare una serie di problemi e di vicissitudini, malgrado le cose siano cambiate dai tempi della denuncia di Ghirotti, dai pasti alla relazione medico-paziente. La Fondazione Ghirotti si è battuta per l’approvazione della Legge 38 del 2010 per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore per milioni di persone. Il 40% delle persone ammalate lamenta di non essere adeguatamente corrisposta sotto questo profilo, c’è una grande disomogeneità sul territorio nazionale e l’impegno di tutti è rendere omogenea questa possibilità, sancita dalla legge. Il Prof. Veronesi ha realizzato il decalogo dei diritti del malato ed ha fatto dell’umanizzazione delle cure la sua missione.

Le prossime iniziative della Fondazione?

Abbiamo istituito un osservatorio per dare ascolto alla voce del paziente, realizzato su base volontaria, non istituzionale. La prossima iniziativa che speriamo possa concretizzarsi al più presto è un istituto di ricerca e cura a carattere scientifico dedicato al dolore, inteso come malattia e non più come sintomo.

Giuseppe Guerrera e Numa Cellini per la Giornata del Sollievo

Prof. Numa Cellini, cosa vuol dire essere medico in prima linea oggi e dover affrontare ogni giorno la sofferenza dei pazienti?

Significa semplicemente essere medico. Un medico sa o dovrebbe sapere che il suo ruolo più importante è darsi agli altri. Un medico è un uomo di tutti, guai se si lascia tentare da alcune distrazioni, quali la tecnologia, la ricerca per la ricerca. Un medico deve avere sempre presente la dote più importante, che è quella umana, che i pazienti ci chiedono.

Quali sono le nuove frontiere della medicina per andare incontro alle esigenze dei pazienti?

Sarebbe difficile parlare di questo in maniera esauriente in pochi secondi. La genomica, combattere la malattia a livello delle cellule in maniera personalizzata, questo è sicuramente il nuovo, però, rischiando di sembrare un po’ fuori moda, direi che la nuova frontiera è sempre quella antica: dare sollievo. Dare sollievo significa innanzitutto ascoltare il paziente, non aggredirlo, non considerarlo una macchina da riparare ma, prima di tutto, accoglierlo, se possibile col sorriso, cercando di metterlo a suo agio, ascoltare ciò che dice e, guardandolo, cercare di capire anche ciò che non ha il coraggio di dire, per poi preparare una risposta breve, ma che gli dimostri che chi ha di fronte lo ha accolto con amore.

Quanto è importante dire la verità al paziente?

L’importanza di dire la verità al paziente è un grosso problema, soprattutto per alcune malattie che ancora oggi non sono facili da controllare. Dire la verità è importante, ma non tutta la verità, considerando soprattutto che il paziente ha bisogno di trovare le forze per sopportarla. Dunque dire tutto e subito perché non si ha tempo è l’errore più grosso che oggi noi medici possiamo rischiare di commettere.

Nei casi più gravi o con pazienti particolari come i bambini, come si affronta la terapia del dolore in senso stretto?

Questa è una domanda molto importante, perché la terapia del dolore nei bambini è forse uno dei punti ancora da migliorare. Molti gruppi di volontariato si stanno battendo in questa direzione, perché, erroneamente, si tende a credere che il bambino non abbia dolore. Con alcuni colleghi invece stiamo addirittura valutando l’hospice prenatale, mirato a considerare importante il dolore non solo nel bambino già nato, ma anche nella fase prima della nascita.

Photo Credits: Twitter

 

 

 

 

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