Una delle più grandi tragedie della guerra in Siria è la distruzione di siti archeologici di importanza mondiale. Le rovine della città di Palmira fanno parte di questo scempio. Ora la città è stata liberata, ma i danni e gli sfregi fatti alle rovine sono molto gravi. Inoltre nel sito è stata ritrovata una fossa comune con 42 corpi di donne e bambini.
L’orrore della guerra non conosce limiti e a volte va al di là della distruzione fisica delle vite degli esseri umani. La ferocia travolge anche la nostra storia, come è accaduto nel 1992 alla Biblioteca Nazionale di Sarajevo colpita diverse volte dai bombardamenti serbi. Negli incendi causati dalle bombe vennero distrutti settecento manoscritti e incunabuli (testi rarissimi scritti con caratteri mobili prima del 1500). Dopo vent’anni dalla guerra dei Balcani la Biblioteca di Sarajevo e stata riaperta, ma la perdita subita rimane un danno irreparabile.
Mai più. Avevano detto giornali e politici, promessa andata distrutta di fronte alle macerie di Palmira. Sito archeologico siriano devastato dalla furia dei combattenti del sedicente stato Islamico. Solo pochi giorni fa le truppe siriane insieme all’aviazione russa sono riuscite a riconquistare Palmira, ma i festeggiamenti per la vittoria si sono subito spenti non appena è si verificata l’entità delle distruzioni.
La Sposa del Deserto così nell’antichità veniva chiamata Palmira, centro di snodo per mercanti e viaggiatori diretti verso l’Oriente o l’Occidente. Ora gran parte delle sue rovine non si stagliano più tra le sabbie del deserto come hanno fatto per millenni. La furia dell’Isis le ha distrutte perché considerate una testimonianza degli infedeli. Le fotografie che i militari e i primi testimoni hanno diffuso parlano da sole. Anfiteatri e monumenti sono stati abbattuti o danneggiati in maniera molto grave.
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